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22 Giugno 2020

Immuni: l’app che monitora la diffusione del Covid

Lanciata l’applicazione di tracciamento dei contatti per controllare il contagio: come funziona rispettando la privacy e il confronto con la Francia

Vincenza Di Lecce

Cellulare acceso sulla app Immuni posato su quaderno a righe

L’app Immuni monitora il contagio rispettando la privacy

La parola d’ordine per la Fase 3 è “prudenza” e Immuni è l’app che può aiutare agli italiani ad averne. Dopo una sperimentazione in quattro regioni pilota, da una settimana è operativa in tutta Italia e conta circa 2,5 milioni di download.
Non è obbligatorio scaricarla. Il dovere, al massimo, è civico: l’app potrebbe infatti svolgere un ruolo decisivo nella gestione della diffusione del contagio e chi la utilizza contribuisce a tutelare sé stesso e le persone che incontra.

COME FUNZIONA
Per scaricarla e procedere all’installazione sul proprio dispositivo basta collegarsi al sito ufficiale oppure accedere all’Apple Store o al Google Play Store e cercare Immuni fra le applicazioni. Al primo accesso verrà chiesto all’utente di selezionare la regione di residenza, poi la provincia e infine di abilitare le “notifiche di esposizione Covid-19“: nessun’altra informazione di contatto sarà richiesta dalla app, tutto avviene nell’anonimato.
Una volta completata la configurazione, l’applicazione sarà in funzione sul dispositivo. Quando una persona riceve la diagnosi di positività al Covid, le viene chiesto se ha scaricato l’app e se vuole fornire il codice di sblocco generato dall’app stessa. Esso serve all’operatore sanitario per far partire l’invio di una notifica a chi ha Immuni sul suo smartphone e nei 14 giorni precedenti è stato a due metri di distanza dal positivo per almeno 15 minuti.

COME SI MONITORA IL CONTAGIO
Si tratta di un sistema di tracciamento dei contatti che sfrutta la tecnologia Bluetooth Low Energy (una versione a basso consumo del normale Bluetooth) attraverso cui si rileva la vicinanza tra due dispositivi. A ogni utente viene assegnato un codice alfanumerico: in questo modo, l’app conserva su ogni cellulare una lista di numeri identificativi (quindi anonimi) di tutti gli altri dispositivi ai quali è stata vicino entro un certo periodo.
Nessuna funzione Gps integrata e nessun dato anagrafico richiesto all’utente: la spinosa questione della tutela della privacy, che aveva da subito allarmato gli italiani, è stata quindi così risolta. Tutto si svolge nel rispetto della sfera personale di ogni cittadino.

UTILE NONOSTANTE I (POCHI) LIMITI
«Un servizio potenzialmente molto utile, gratuito e accessibile alla stragrande maggioranza di persone»: così giudica Immuni Piergiuseppe Quarato, ricercatore all’Istituto Pasteur di Parigi. Una maggioranza che comprende un numero elevato di italiani, ma che ne esclude una parte: sì, perché uno dei limiti di questa app (non troppi, bisogna dirlo) è il fatto di essere compatibile con gli ultimi sistemi operativi: iOS 13.5 per gli iPhone, mentre per Android 6 con Google Play Services aggiornato alla versione 20.18.13. Un bel problema per chi ha un dispositivo datato che non supporta gli aggiornamenti più recenti.
Forse però, il limite più grande resta l’arbitrarietà con cui ognuno può decidere se scaricare l’app. «È ovvio che il suo utilizzo non possa essere reso obbligatorio – continua Quarato – ma bisognerebbe cercare un modo per invogliare gli italiani a scaricarla se si vogliono ottenere dei risultati concreti. Un buon sistema potrebbe essere quello di garantire dei vantaggi a chi la usa: in India, per viaggiare, sei costretto ad averla».

PAESE CHE VAI, APP CHE TROVI
In Francia una settimana dopo il lancio della app StopCovid è stato registrato un tasso di download pari al 2% della popolazione. Un numero molto basso se si pensa che in altri Paesi, come ad esempio l’Australia, dopo 24 ore l’8% dei cittadini aveva già scaricato l’app sviluppata per il monitoraggio. «La fine del lockdown – commenta ancora Quarato – ha effettivamente rilassato il clima teso del periodo di isolamento sociale e i francesi sembrano in questo momento non troppo preoccupati della gestione del contagio. Altri, invece, continuano a essere molto restii per la questione della privacy». Questione che andrebbe invece risolta combattendo la disinformazione.
L’app che stanno scaricando oltralpe non è troppo diversa da Immuni: «Ogni Paese – sottolinea il ricercatore – però ha un diverso protocollo sanitario da seguire. Una delle piccole differenze, infatti, sta nel fatto che in Francia il codice da condividere nel caso di positività al Covid viene fornito dal medico o dalla struttura sanitaria, mentre in Italia è già presente sull’app».
Restiamo quindi Immuni, facciamolo con l’app. E con comportamenti prudenti, naturalmente.

 

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Categorie: Tecnologie

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