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3 Agosto 2020

Gianpaolo e la borsa di studio a New York

Concludiamo il nostro viaggio sulla vita dei giovani italiani negli Stati Uniti con il racconto di uno studente pugliese che ha vinto una scholarship nella Grande Mela

Giovanni B. Corvino

Ragazzo con giacca e sciarpa davanti a panorama di grattacieli

Gianpaolo Caprino a New York

Negli ultimi mesi abbiamo raccontato l’esperienza di ragazze e ragazzi che si sono trasferiti in Usa, per più o meno tempo, con lo scopo di inseguire i propri sogni. Terminiamo oggi questo ciclo di articoli con Gianpaolo Caprino, 23 anni, leccese, che ha vinto una borsa di studio a New York e ci racconta come arrivare a un simile traguardo.

Com’è iniziata la tua avventura negli Stati Uniti?
«Inizialmente ho partecipato al bando Fulbright Best Program per studiare in California, ma purtroppo non è andata bene. Allora ho optato per un “piano b” e a settembre 2019 sono partito per New York grazie a uno scambio culturale in famiglia come au pair. Sono rientrato in Italia dopo soli quattro mesi causa Coronavirus, però nel frattempo avevo vinto una borsa di studio in Tourism and Hospitality alla New York University».

Quale suggerimento vuoi darci per vincere una scholarship?
«Vincere una borsa di studio per studiare negli Usa non è semplice, ma neanche impossibile. Inoltre, agevola notevolmente il processo di rilascio del visto da studente da parte dell’ambasciata. Il modo migliore per aumentare le possibilità di vittoria è fare leva sulla probabilità. Maggiori saranno i bandi a cui si partecipa, maggiori saranno le possibilità di vincerne uno. Se si parte a concorrere già dall’Italia è importante fare domanda in più università, anche di zone geografiche a cui non si era pensato. Ovviamente tutti vorrebbero entrare nella prestigiosa rete accademica della Ivy League, ma bisogna essere realisti, valutando quindi attentamente il proprio curriculum, le lettere di referenze che si presenteranno e le opportunità del momento».

Quali strade ti si sono aperte dopo quest’esperienza?
«Io credo che l’università, e quella americana in particolare, ti permetta di entrare in una rete importante di contatti, ma l’opportunità lavorativa è arrivata soprattutto perché me la sono cercata. I giovani italiani hanno una reputazione e un appeal considerevole negli Usa e questa è una carta preziosa e potente da giocare, cercando opportunità lavorative in aziende italiane con dipartimenti negli States. Chiaramente il prestigio di un’università dà il suo contributo ma oggi ciò che fa la differenza, in termini di assunzione, per me è la personalità. Consiglio di sfruttare i social per mettersi in contatto direttamente con amministratori delegati e manager di risorse umane e presentare autocandidature spontanee».

A cosa stai lavorando adesso?
«Mi sto dedicando alla creazione di un videocorso-ebook intitolato MyAmericanDream, con il quale ho intenzione di raggruppare tutti i consigli e le strategie sul “come studiare/trovare lavoro negli Usa”. L’intenzione è quella di aiutare tutti i ragazzi che in futuro affronteranno le stesse difficoltà che ho avuto io per organizzare la mia esperienza in America».

Quale consiglio vuoi dare ai giovani che, appena possibile, penseranno di partire per gli Stati Uniti?
«Il consiglio che mi sento di dare è di inseguire il proprio sogno, cercando di vincere la paura dell’incertezza e dell’ignoto. Il panico iniziale è dettato dalla zona di comfort a cui si è abituati e, superato questo, subentrano le difficoltà di adattamento alle quali bisogna arrivare psicologicamente davvero preparati. Per chi è giovane, il consiglio è di fare leva sulla flessibilità che l’età garantisce. Vivere negli Usa è un sogno che può concretizzarsi solo se si sale su quei pochi treni che ti passano davanti. È facile, crescendo, rischiare di non incontrarne altri, perciò serve molto coraggio».

 

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