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20 Novembre 2020

Dal Sud al Nord: l’esodo degli insegnanti con la valigia

Con la pandemia è tornata l’emergenza cattedre vuote nel Settentrione. La testimonianza di Alice, giovane maestra lucana trasferita a Milano

Vincenza Di Lecce

Insegnante alla lavagna

Ogni anno migliaia di docenti si spostando al Nord per lavorare

È un nodo storico della scuola italiana: cattedre senza insegnanti al Nord, insegnanti senza cattedre al Sud. Da anni migliaia di docenti – figli, madri, padri, senza alcuna distinzione di età – lasciano la famiglia e la propria terra per lavorare altrove. Sancito dalla Legge 107/2015 del decreto Buona Scuola, il fenomeno si è mostrato in tutta la sua debolezza proprio durante l’emergenza sanitaria di quest’anno, quando invece ci sono stati quasi 8mila spostamenti di docenti verso il Centro-Sud, con insegnanti di ruolo disposti a fare i supplenti pur di riavvicinarsi a casa in questo momento così particolare.
C’è però chi nonostante il Covid ha viaggiato in controtendenza. Come Alice (nome di fantasia), giovane maestra che ha lasciato il suo Sud per insegnare a Milano, una delle città più colpite dal Coronavirus.

CI VUOLE PASSIONE
«Prendere servizio è stato molto strano – ci dice – tutto cadenzato da dubbi, paure e ansie. La didattica, il nuovo stile di vita e la pandemia sono stati una combinazione non facile. Ho scelto di restare, ma il mio cuore è in Lucania».
Questo gap tra la sede di servizio e quella di residenza dei familiari dà vita ogni anno a un movimento da Sud a Nord che rischia di compromettere in primo luogo la continuità didattica per gli studenti. «Credo che il compromesso – spiega Alice – riguardi “solamente” il fattore umano. La didattica è univoca».
Il lavoro ripaga, certo, ma bisogna esserne appassionati per svolgerlo nel migliore dei modi: «Insegnare ai bambini o agli adolescenti non è da tutti. Oltre allo studio ci vogliono empatia, ascolto e voglia di farsi travolgere. Ora più che mai – continua Alice – serve molta flessibilità mentale. Il lavoro a tempo indeterminato può far gola, ma da solo non basta».

UN PIANO INCLINATO
Da un po’ di tempo i trend demografici dicono che nel Meridione la popolazione scolastica va via via diminuendo. Allora ciò che ne deriva è semplice: meno studenti, meno classi, meno personale. Questa potrebbe essere una spiegazione del fenomeno del “piano inclinato” su cui poggia il sistema della scuola italiana. Un’altra risposta potrebbe invece derivare dal fatto che forse, al Nord, la professione di insegnante esercita meno attrattiva: un ventaglio più grande di offerte lavorative garantisce una maggiore possibilità di scelta occupazionale.
Qualunque sia la causa, resta il fatto che il divario non può essere risolto con degli algoritmi (come successo nel 2016, quando un software impazzito inviò al Nord 10mila docenti vincitori di concorso che invece avevano diritto a restare a casa) o con la mobilità degli insegnanti fuori controllo, ma richiede soluzioni più serie e affidabili.
Intanto, anche in piena emergenza sanitaria c’è chi comunque tiene chiuse le valigie e pensa a far bene il proprio lavoro.

 

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Categorie: Lavoro

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