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5 Marzo 2021

Il calcio femminile dell’Independiente Ivrea

Il presidente Roberto Tridello ci racconta passato, presente e futuro della società nata nel 2019, che da pochi giorni la Figc ha certificato come Scuola Calcio

Gabriele Costa

Squadra di calcio femminile con giacche arancioni e pantaloni blu - Independiente Ivrea

L’Independiente Ivrea

Nel 2019 lo storico club dell’Ivrea 1905 decide di aprire alle ragazze; così in un mondo come quello del calcio femminile, che negli ultimi anni sta vivendo una notevole espansione e copertura mediatica, nasce l’Independiente Ivrea.
Il presidente della società – che prende il nome dal romanzo Independiente Sporting di Mauro Berruto – è Roberto Tridello, con cui abbiamo fatto una chiacchierata.

Come nasce l’Independiente Ivrea?
«Dalla nostra passione. La società è nata con la Prima Squadra, che dopo due anni in Eccellenza è salita l’anno scorso in Serie C. Abbiamo tre squadre del settore giovanile con una sessantina di ragazze, formato da Under 15, Under 12 e Under 10. Tutti possono aderire: giovani e adulte, persone con disabilità perché dallo scorso anno siamo anche Academy Insuperabili e chiunque voglia fare sport».

Dal 20 febbraio la Figc vi riconosce come Scuola Calcio femminile certificata.
«Si, adesso il nostro progetto è quello di diventare Scuola Calcio Élite. Vorremmo mettere insieme una nuova categoria di bambine dai 6 anni e farle seguire da tecnici preparati, in modo da inserirle nell’Under 10 per far capire loro cosa significhi stare in una squadra. I nostri istruttori hanno il patentino e mettono in campo tutta la loro passione: non vogliono infatti essere pagati, ma dare un contributo al progetto e al mondo del calcio femminile. Cerchiamo di valorizzare le ragazze soprattutto del nostro territorio, il Canavese, ma abbiamo anche calciatrici di Aosta, Settimo e altre zone. L’importante è il comune obiettivo di volere vestire la maglia arancione».

Come avete affrontato questo periodo di emergenza?
«Il Covid ha bloccato tutto: da poco le ragazze hanno ricominciato ad allenarsi, senza poter andare negli spogliatoi, ma almeno riescono a rimanere in forma. La prima squadra segue il protocollo della Federazione: tamponi ogni venerdì 48 ore prima di disputare le partite e la possibilità di allenarci stando in gruppo a un metro di distanza uno dall’altro. Certamente ci sono delle spese impreviste: a inizio stagione non si pensava di fare così tanti tamponi, che hanno un loro costo, ma la Lega sostiene che verremo rimborsati».

Quali differenze nota tra il calcio femminile e quello maschile?
«Il calcio femminile ha preso piede: a sempre più ragazze piace giocare a calcio e in generale è più divertente che guardare una squadra maschile. È un tipo di sport in cui c’è voglia di competere senza alcuna irruenza. Ci si affronta in campo per vincere una partita come squadra, non per mostrare di essere più forte. Le ragazze pensano solo alle partite e mostrano la loro serietà presentandosi al completo a ogni allenamento, pronte a qualsiasi esercizio e senza mai lamentarsi».

Quale è la situazione del calcio per le donne in Italia?
«È in progressione: ogni anno ci sono nuove squadre che si iscrivono, a partire dall’Eccellenza. È passionale e piace, ma rimaniamo in attesa del riconoscimento come disciplina professionistica. Probabilmente succederà nel 2022 e allora molti dovranno scegliere come adeguarsi. Noi siamo una realtà a livello familiare e non abbiamo dietro le spalle una società organizzata per il professionismo. In quel senso l’Ivrea non esiste più dal 2007, quando era stata in Serie C. Se riusciremo a coprire le spese noi ci saremo, a seconda dei parametri che bisognerà seguire: vogliamo guardare al futuro e andare avanti con il nostro progetto, perché ci crediamo davvero».

 

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Categorie: Sport

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