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23 Aprile 2021

Bianca Guidetti Serra, Ada Gobetti, Irma Bandiera: in una parola, partigiane

Il ritratto di tre donne, da Torino a Bologna, che hanno scelto di opporsi all’oppressione, in un caso anche sacrificando la propria vita

Aurora Saldi

Fotografia in bianco e nero di giovane donna. Ada Gobetti - partigiane

Ada Gobetti

Il 25 aprile si ricorda la Liberazione dal nazifascismo in Italia. Tra le fila partigiane hanno combattuto anche tantissime donne, animate da un desiderio di lotta e di libertà; oggi vogliamo ricordarne tre: Bianca Guidetti Serra, Ada Gobetti e Irma Bandiera.

BIANCA GUIDETTI SERRA (1919-2014)
Nata a Torino, frequenta il liceo Massimo D’Azeglio, dove intreccia una profonda amicizia con Primo Levi.
Nel 1938 vengono approvate le leggi razziali, che colpiscono la comunità ebraica italiana e quindi anche il gruppo di amici di Bianca: proprio vedendo gli effetti su di loro matura una profonda consapevolezza antifascista. Il suo primo atto politico di opposizione al regime avviene nel 1941, quando nel centro di Torino con altre persone strappa i manifesti che indicavano gli ebrei come “nemici della patria”. Concluso il liceo, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e viene assunta presso l’Unione Industriale di Torino come assistente sociale nei luoghi di lavoro: in questo ambiente viene a contatto con la condizione operaia e l’ambiente delle fabbriche.
Dopo l’8 settembre e l’invasione tedesca, inizia per Bianca l’esperienza della Resistenza tra le fila del Pci clandestino, del quale era entrata a far parte nel luglio del 1943. Oltre a essere una staffetta, Bianca diventa responsabile femminile del quinto settore di Torino (rione Centro), dove si occupa di raccolta fondi, propaganda, lezioni di vita democratica e integrazione della donna nella vita politica. Tra il dicembre 1943 e il gennaio 1944 organizza la rete associativa femminile torinese dei Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà.
Il fulcro dell’esperienza partigiana di Bianca Guidetti Serra è proprio questo: l’intersezione tra lotta per l’emancipazione femminile e antifascismo, impegno portato avanti anche dopo la guerra, come deputata e ad esempio con i due volumi intitolati Compagne, che raccolgono le interviste fatte a 49 donne operaie, militanti e antifasciste che avevano preso parte alla Resistenza.

ADA GOBETTI (1902-1968)
Anche Ada nasce a Torino, il suo cognome da nubile è Prospero. Frequenta il liceo classico Gioberti, nel contesto del quale collabora con diverse riviste politiche, tra cui Il Baretti di Piero Gobetti, che sposa nel 1923. In quegli anni è testimone delle rivolte operaie del Biennio Rosso torinese e si laurea in Filosofia.
Già prima dell’armistizio la casa di Ada è un punto di riferimento per l’antifascismo intellettuale e gli ambienti legati a Giustizia e libertà. Nel 1942 collabora alla fondazione del Partito d’Azione e l’anno seguente inizia la sua militanza tra le fila partigiane. Coordina le brigate, fa la staffetta tra la Val Germanasca e la Val di Susa e fonda Gruppi di difesa della donna, come Bianca Guidetti Serra.
Anche per Ada l’impegno partigiano è strettamente intrecciato con la lotta per l’emancipazione femminile: infatti è tra le promotrici del Movimento femminile di Giustizia e Libertà. Alla fine della guerra è insignita della Medaglia d’argento al valore militare.
La sua partecipazione alla vita politica continua con la fondazione della Federazione internazionale democratica delle donne e con la nomina nel 1946 a Vicesindaca di Torino, incarico assegnato per la prima volta a una donna.

IRMA BANDIERA (1915-1944)
La storia di Irma Bandiera si distacca da quelle che abbiamo raccontato fino a qui, perché la sua coraggiosa vita si interrompe solamente l’anno successivo all’armistizio, all’età di trent’anni.
Nata a Bologna, dopo l’8 settembre si avvicina alla politica, aiutando i soldati sbandati dopo l’armistizio e aderendo al Partito Comunista. Entra poi nella Resistenza con il nome di battaglia di “Mimma”, nella VII brigata Gap Gianni Garibaldi di Bologna. La situazione si complica quando, il 5 agosto 1944, i partigiani uccidono un ufficiale fascista e un comandante delle Brigate nere: questo evento scatena il giorno successivo la rappresaglia a Funo, dove vengono arrestati tre partigiani.
Il 7 agosto Irma ha appena consegnato alcune armi e ha con sé importanti documenti cifrati, ma sulla via del ritorno è intercettata da una pattuglia tedesca e fatta prigioniera. È affidata al capitano Renato Tartarotti, con l’obiettivo preciso di obbligarla a decifrare i fogli che contenevano informazioni fondamentali sulle operazioni delle brigate intorno a Bologna. Nonostante le percosse, le torture, le sevizie, persino un accecamento, Irma non tradisce i suoi compagni e non parla.
Prima dell’esecuzione, avvenuta davanti alla casa dei genitori, riesce a scrivere una lettera in cui spiega alla madre perché ha scelto di andare incontro alla morte: “Ditele che sono caduta perché quelli che verranno dopo di me possano vivere liberi come l’ho tanto voluto io stessa. Sono morta per attestare che si può amare follemente la vita e, insieme, accettare una morte necessaria”.
Alla fine della guerra Irma riceve la più alta onorificenza militare italiana, la Medaglia d’oro al valor militare.

 

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