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26 Aprile 2021

Clubhouse, il social della voce

Con 12 milioni di iscritti, di cui 500 mila in Italia, è a tutti gli effetti l’app del momento e la sua modalità ora fa gola anche ai big della rete

Vincenza Di Lecce

Cellulare con Clubhouse

Clubhouse ha già 12 milioni di utenti

Dopo che per anni è stata rimpiazzata dai testi, poi dalle immagini e, per ultimo, dai video, la voce ora torna – è il caso di dirlo – a farsi sentire. Ideato in piena pandemia da Paul Davison e Rohan Seth, rispettivamente ex dipendenti di Pinterest e Google, Clubhouse sembra aver colto a pieno le esigenze degli utenti: è il social dai contenuti di solo audio che oggi conta 12 milioni di utenti iscritti (500 mila nel nostro paese) e vale 4 milioni di euro.
Da Twitter a Spotify, da LinkedIn a Telegram, passando ora anche da Facebook, i social cercano ora funzioni simili per le proprie piattaforme.

COME FUNZIONA 
Tutto avviene all’interno di stanze sonore: le tracce audio sono l’unico contenuto fruibile e condivisibile su Clubhouse. L’ingresso alla piattaforma, almeno per il momento, è solo su invito e unicamente per iOS (entro maggio il rilascio dell’app anche per Android). Una volta dentro, ci si unisce al pubblico di ascoltatori, con microfono disattivato: per parlare, basterà cliccare l’icona per “alzare la mano” e aspettare che venga data la parola prima di “salire sul palco”.
Le stanze hanno tre livelli di accesso: se la stanza è Open viene indicizzata nella ricerca e chiunque può entrarci. Se invece ha la dicitura Social è possibile accedere solo se è già dentro un altro dei nostri contatti o delle persone che seguiamo. Closed, chiaramente, è l’etichetta riservata alle stanze in cui si entra solo per invito.
Ogni stanza ha degli amministratori (quelli che l’hanno creata) e dei moderatori, che si occupano di gestire la conversazione.

LA VOCE AL CENTRO
Il ruolo principale passa dunque alla parola: ciò che rende unico (almeno per ora) il nuovo social sono le conversazioni in tempo reale. Il dialogo torna a essere l’elemento principale dell’interazione fra gli utenti. Clubhouse racconta così la necessità di riportare il virtuale all’interno di un contesto che risulti il più umano possibile, intercetta le esigenze create dalla tecnologia e le soddisfa dando voce – letteralmente – ai bisogni delle persone.
Non a caso, l’ascesa inarrestabile dei podcast nell’ultimo anno fa sì che l’ascolto di contenuti di intrattenimento entri di diritto fra le abitudini degli italiani: un incremento al pari dello streaming online e della lettura su e-book ma, al contrario di questi, la frequenza di ascolto dei podcast è rimasta la stessa anche dopo il lockdown. A conferma del bisogno di “voce” che gli utenti avvertono anche quando sono immersi nel mondo social.

QUALE FUTURO PER I SOCIAL?
Tutti i social sono corsi ai ripari. Quella di Clubhouse è un’idea tanto innovativa da far gola anche ai big, così la voce arriva anche su Facebook: la mossa è stata resa pubblica con un post firmato da Fidji Simo, vice presidente e responsabile dell’app: “Il nostro obiettivo – ha scritto – è sfruttare l’audio in modo semplice e coinvolgente, perché possa essere vissuto a pieno in un contesto sociale” . Una sfida all’ultimo “grido” che l’app di Mark Zuckerberg si gioca con le Live Audio Rooms, gli spazi di dialogo in cui le community potranno concentrarsi sugli argomenti che hanno più a cuore.
Nel frattempo, anche la risposta di Twitter non si è fatta attendere: l’app ha infatti già messo a disposizione dei suoi utenti gli Spaces, le stanze a cui si può accedere scorrendo fra le storie visualizzate in alto. A ispirarsi al social della voce anche LinkedIn e Spotify.
Che l’interazione (anche quella social) stia tornando alla sua forma naturale?

 

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Categorie: Tecnologie

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