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28 Aprile 2021

Fermiamo lo spinnamento degli squali

Un’iniziativa dei cittadini europei propone di rivedere il Regolamento Ue per questa pratica, a tutela della specie e dell’ecosistema marino

Valeria Guardo

Ragazza con foto spinnamento squali

Una petizione dei cittadini europei vuole fermare lo spinnamento degli squali

Sul sito dell’Unione Europea è stata lanciata una petizione per fermare l’asportazione delle pinne di squalo sui pescherecci nelle acque dell’Ue e il relativo commercio.
L’appello è un’Iniziativa dei cittadini europei, un importante strumento di democrazia che consente di partecipare all’attività legislativa dell’Unione attraverso la proposta alla Commissione di nuove leggi o, come in questo caso, dell’estensione di quelle esistenti. Affinché la proposta sia inserita in agenda, però, è necessario raccogliere 1 milione di firme entro 12 mesi.
La petizione in questione si chiama Stop Finning e nasce come richiesta di modifica del Regolamento Ue n. 605/2013, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci il quale, così come attualmente concepito, non permetterebbe l’adozione di misure efficaci e comprovabili di tutela e conservazione di questi pesci.

COS’É IL FINNING
Meglio noto come shark finning, è una pratica brutale alla quale spesso si ricorre illegalmente nella pesca in alto mare e che consiste nell’asportazione delle pinne da squali ancora vivi, rigettati in mare subito dopo. L’animale, privo del suo “timone”, non è più in grado di nuotare e per questo motivo affonda e muore dissanguato, soffocato o predato.
Lo spinnamento consente ai pescherecci di aumentare i profitti in quanto, rigettando le carcasse in mare, possono stoccare le sole pinne e avere ancora spazio a disposizione per incrementarne il numero o per altro pescato. La carne di squalo, infatti, è poco appetibile e quindi meno redditizia delle pinne, che invece sono molto richieste specialmente in Cina, Hong Kong, Taiwan e Thailandia.
In quest’ultimo stato, la zuppa di pinne di squalo è una pietanza molto pregiata che viene servita in occasione dei matrimoni come buon auspicio per gli sposi. A schierarsi contro questa tradizione nuziale, facendosi portavoce della campagna No Shark Fin compaign dell’organizzazione internazionale WildAid, è l’attore thailandese Pong Nawat Kulrattanarak, sportivo e appassionato di immersioni subacquee, in un video lanciato nel 2018 e diffuso sia dai social media che dalle maggiori emittenti televisive nazionali.

PERCHE’ RIGUARDA L’UE
Nonostante l’uso e il consumo di pinne sia limitato ai paesi asiatici, l’Unione Europea, e in particolare la Spagna, sembrerebbe farsi carico dell’approvvigionamento di questa merce per i paesi del sud-est asiatico. I dati di Stop Finning riportano una lieve diminuzione della pratica illecita subito dopo l’adozione del provvedimento comunitario del 2013 che ne regolava l’attività nei limiti di eticità e sostenibilità riproduttiva delle specie, ma già nel 2016 le stime hanno registrato un aumento significativo delle quantità di materiale pescato, soprattutto di verdesca (squalo azzurro), che avrebbe toccato quota 53.000 tonnellate.
Secondo i promotori della petizione, infatti, il profitto dato dal commercio di pinne avrebbe innescato anche un altro tipo di richiesta fino a quel momento mai espressa: la domanda di carne di verdesca e mako a pinna corta, specie minacciata dalla pesca soprattutto nel Nord Atlantico. Molti degli squali oggetto di questo fenomeno fanno parte di quella che potremmo chiamare “pesca indesiderata” di tonno e pesce spada. Si tratta di una pesca non selettiva in quanto praticata con reti a maglia abbastanza fine da raccogliere tutto quanto sia intercettabile e provocando diversi danni all’ambiente marino e agli stock di specie non commerciabili ma essenziali all’equilibrio dell’ecosistema.
L’iniziativa europea ha finora raccolto poco più di 208mila firme e dovrà raggiungere una soglia minima in almeno 7 paesi dell’Unione entro il 31 gennaio 2022. L’Italia è uno di quei paesi dove tale soglia non è ancora stata raggiunta; per aderire è possibile accedere alla pagina, selezionare la propria cittadinanza e compilare un breve formulario. Il nostro sostegno può fare la differenza.

 

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Categorie: Ambiente

Commenti (1)

  1. Jone ha detto:

    Ottimo

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