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19 Maggio 2021

Ddl Zan, se la discriminazione diventa reato

Cosa dice il disegno di legge e la testimonianza dell’associazione torinese Quore, che tocca con mano ogni giorno l’intolleranza nei confronti della comunità Lgbtqia+

Vincenza Di Lecce

Bandiere arcobaleno - Ddl Zan

Il ddl Zan è fermo in Senato

Il ddl Zan non lascia spazio all’odio. Prende il nome dal deputato Pd che l’ha presentato, Alessandro Zan, e il suo intento è prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza per motivi fondati su sesso, identità di genere, orientamento sessuale e disabilità.
Il disegno di legge è stato approvato alla Camera a novembre 2020: dopo il primo via libera, solo lunghi mesi di stallo. Il 28 aprile scorso è stato finalmente calendarizzato anche in Senato, ma i continui tira e molla di una maggioranza spaccata ne mettono in discussione l’approvazione definitiva.

UN TESTO CHE FA DISCUTERE
I punti del ddl sono definiti: a guidare gli articoli è il principio della prevenzione e del contrasto dei crimini d’odio. Una volta approvato, introdurrà infatti delle modifiche legislative ed estenderà l’ambito dei reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa anche a quelli su sesso, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.
Se alcune perplessità nascono da presunti dualismi terminologici presenti nel testo, come nel caso del significato di “identità di genere”, altre derivano dal fatto che secondo alcuni partiti in Senato ci sarebbero questioni più urgenti da discutere.
«La tutela dei diritti di tutti i cittadini e le cittadine – dichiara Silvia Magino dell’associazione torinese Quore – non può non essere considerata una priorità per una società civile e democratica ed è pertanto legittimo il sospetto che l’opposizione al ddl Zan sia di natura ideologica».

PERCHÉ L’ITALIA HA BISOGNO DEL DDL ZAN
llga Europe (International Gay & Lesbian Association) ha appena pubblicato il Rainbow Index 2021: si tratta dell’indice che misura il grado di tutela e protezione delle persone Lgbtqia+ e l’avanzamento legislativo nei singoli paesi nei vari ambiti. In questo contesto l’Italia totalizza un punteggio pari al 22%, posizionandosi tra gli ultimi paesi europei per quanto riguarda l’adozione di politiche anti discriminatorie.
«Questo riflette – continua Silvia Magino – un clima che ancora oggi esercita un forte stigma sociale a carico delle persone Lgbtqia+. Una legge che protegga dai discorsi d’odio, da aggressioni verbali e fisiche, dall’incitamento alla violenza è una misura non solo necessaria, ma urgente sia dal punto di vista legislativo che culturale».

LA CAUSA LGBTQIA+
Fra le varie attività svolte dall’Associazione Quore, il progetto ToHousing – che offre accoglienza abitativa a persone Lgbtqia+ in difficoltà – agisce in un territorio ancora poco esplorato, ma più che mai attuale. Come spiega Silvia Magino: «Non esiste ancora una raccolta dati sistematica circa l’emarginazione e la povertà di fasce di popolazione Lgbtqia+, ma si può far riferimento a una recente indagine secondo cui una persona su cinque si trova almeno una volta nella vita a sperimentare una condizione di emergenza abitativa, disagio o esclusione».
Sono diverse le ragioni alla base dell’esclusione, dal rifiuto delle famiglie di origine al bullismo scolastico, dalle discriminazioni nel mondo del lavoro all’assenza di servizi (anche abitativi) o supporto in grado di rispondere a bisogni specifici. «Le storie dei nostri ospiti – continua – raccontano di come la dimensione Sogi, Sexual orientation and Gender Identity, abbia fortemente influenzato il corso della loro vita ed evidenziano un disagio o condizioni emotive non del tutto risolte. In questo contesto ToHousing fornisce strumenti e occasioni di empowerment per elaborare vicende dolorose e ricostruire nuovi percorsi di vita».
E una ricostruzione, legislativa e culturale, è ora più che mai necessaria.

 

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Categorie: Intercultura

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