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26 Maggio 2021

Lo schwa simbolo di una lingua più inclusiva?

Cos’è e come si pronuncia la vocale media per eccellenza che vuole aiutare l’italiano a superare l’uso del maschile sovraesteso

Vincenza Di Lecce

Lettera e rovesciata nera su fondo arancione - schwa

Lo schwa include maschile e femminile

Si scrive schwa, si legge inclusività: se nel sistema fonetico il simbolo identifica la vocale indistinta, oggi il suo suono è al centro di un dibattito che è anche culturale, oltre che linguistico. Proprio a questo suono si vorrebbe infatti affidare il superamento dell’uso predominante del maschile nella lingua italiana.
A darne testimonianza la recente decisione del Comune di Castelfranco Emilia, nel modenese, di adottare la vocale media nella propria comunicazione istituzionale: al maschile universale (“tutti”) sarà cioè sostituita una desinenza neutra (“tuttə“), con la ‘e’ rovesciata. Lo schwa, appunto.

COS’È LO SCHWA
Lo schwa, il cui adattamento italiano è “scevà”, è la trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā. Si tratta del nome di un simbolo grafico costituito da due puntini posti sotto una consonante, a indicare l’assenza di vocale seguente o la presenza di una vocale senza qualità e senza quantità.
Trascritto con il simbolo Ipa (Alfabeto Fonetico Internazionale) /ə/, ha nel quadrilatero vocalico una posizione centrale. Quindi un suono vocalico neutro, senza accento né tono, che si pone esattamente a metà strada fra le vocali esistenti. Si pronuncia tenendo rilassate tutte le componenti della bocca, senza deformarla in alcun modo e aprendola solo leggermente.

UN SIMBOLO INCLUSIVO…
La ragione (peraltro intuitiva) per cui chi promuove l’utilizzo di una terminologia più inclusiva in italiano propone di utilizzare lo schwa sta nel fatto che «graficamente – afferma Luca Boschetto, appassionato di temi relativi all’inclusività di genere e linguistica – somiglia a una forma intermedia tra una “a” e una “o”», cioè le due vocali con cui in italiano identifichiamo con maggiore frequenza i generi femminile e maschile.
Il progetto Italiano inclusivo è una proposta nata proprio dalla considerazione dell’attivista che, dopo aver sperimentato di persona le modifiche recentemente utilizzate in lingua inglese per renderla inclusiva, si è reso conto che l’italiano aveva bisogno di un intervento più radicale a causa della sua natura flessiva e che le soluzioni finora adottate (asterischi, chiocciole, alternanza, uso della u) non erano sufficienti.

…E UN SUONO “DAVVERO” MEDIO
Dello stesso parere è la linguista Vera Gheno, che da tempo sostiene la necessità di trovare soluzioni alternative per evitare il predominio del maschile: di recente ha scritto di avere una “preferenza per lo schwa perché rappresenta la vocale media per eccellenza”, con il vantaggio che, “al contrario di altri simboli non alfabetici, ha un suono e un suono davvero medio, non come la u che in alcuni dialetti denota un maschile”.
Lo schwa è un esperimento e, come afferma la linguista, “sperimentare con la lingua non è vietato”.

C’È CHI DICE NO
Come ogni cambiamento di spessore che si rispetti, però, anche quello linguistico sull’inclusività dei generi si porta dietro critiche e pareri contrari. Coloro che si sentono paladini dell’italiano si dicono infatti offesi da questa imposizione e parlano di sfida al buon senso, ridicolizzazione e di “stupro” della lingua.
Una contrapposizione resa visibile anche dalla netta divisione degli utenti sui social dopo la scelta del Comune di Castelfranco Emilia, che però spiega: “Il rispetto e la valorizzazione delle differenze sono principi fondamentali della nostra comunità e il linguaggio che utilizziamo quotidianamente dovrebbe rispecchiare tali principi. Ecco perché vogliamo fare maggiore attenzione a come ci esprimiamo”.
La lingua dunque vista non solo come mero strumento per comunicare, ma anche per plasmare il modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo con gli altri.

 

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Categorie: Cultura

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