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4 Giugno 2021

Vi racconto il Brasile

La gioia di vivere e il razzismo, la resilienza e la criminalità: vizi e virtù di un paese spiegati da una sua giovane cittadina

Valeria Guardo

Ragazza alla finestra e donna seduta su marciapiede - Brasile

In Brasile metà popolazione ha origini africane, miste o indigene

L. è una giovanissima ragazza brasiliana venuta a vivere nel sud Italia poco prima dello scoppio della pandemia. È molto timida e riservata, perciò non ne pubblicheremo il nome per intero. Tuttavia, è felice di parlarci del suo paese (tralasciando la drammatica situazione Covid), perché non le piace che si veda al Brasile solo attraverso gli stereotipi più diffusi.
Lei stessa, d’altronde, è un contrasto con i canoni di bellezza sudamericana: alta, con lunghissimi capelli biondo dorato e un viso di porcellana che la fa assomigliare più a una giovane del nord Europa.

Le chiediamo subito se senta nostalgia della sua terra, sapendo già in parte la risposta, e lei risponde che sì, le mancano soprattutto la famiglia, gli amici e le persone in generale. Ci spiega che i brasiliani hanno tendenzialmente un carattere molto tranquillo (forse troppo, specifica) ed è difficile che siano stressati, al contrario di quanto ha visto finora in Italia.

Provenendo da una famiglia dove la presenza femminile è maggioritaria, le chiediamo di descriverci le donne brasiliane: «Ammiro tantissimo le donne del mio paese – dice – perché sono forti, spesso si ritrovano a studiare, lavorare e allevare figli da sole e in età giovanissima. Non hanno paura delle difficoltà, come i brasiliani in generale, che a ogni problema trovano una soluzione senza disperarsi».
Per meglio definire questo aspetto della personalità dei suoi connazionali cita un termine che da noi è forse un po’ abusato, ma che per riferirsi al suo popolo sembra azzeccatissimo: resiliência. Lo usa anche per descrivere i cosiddetti faveladas, parola forse non politicamente corretta che designa le persone che vivono nelle favelas delle grandi città: «Sono persone genuine – dice – che hanno poco o niente; vivono loro malgrado in un contesto di criminalità ma paradossalmente sono sempre felici».

Quando parliamo del Brasile, è purtroppo inevitabile fare riferimento a povertà, emarginazione e criminalità, anche per chi ci è nato e ama questo paese, proprio come L.
Dato che il vaso di Pandora è stato in parte scoperchiato, le chiediamo di dirci qualcosa di più sulla condizione sociale: «Il Brasile è uno dei paesi con più razzismo dell’America meridionale – rivela – nonostante la metà della popolazione sia di discendenza africana o di etnia mista e indigena».
Le domandiamo perché. Risponde che il paese è stato uno degli ultimi ad abolire la schiavitù nel continente americano; gli schiavi neri, una volta affrancati, hanno cominciato a convergere in territori molto ristretti e a costruire i conglomerati di case che oggi sono noti come favelas, dove sono stati successivamente ghettizzati e isolati dai quei brasiliani più ricchi o meglio, arricchiti, che tuttora risiedono nelle zone più belle e turistiche.

Come sappiamo, infatti, moltissimi furono gli immigrati europei che in più ondate, a cavallo tra XIX e XX secolo, arrivarono in Brasile per lavorare le sue terre. Tra questi, più di un terzo erano italiani (1.576.472, per la precisione), seguiti da portoghesi, tedeschi e giapponesi.
Si creò in quegli anni una politica migratoria che incentivava il flusso “bianco” a scapito di nuovi ingressi di individui afro-discendenti e l’innesco di un processo di branqueamento ossia di sbiancamento, letteralmente, della nuova popolazione brasiliana.

Successivamente si è fatta strada la criminalità, che avrebbe trovato nelle favelas un punto strategico dal quale controllare il circondario, grazie alle alture sulle quali alcune sono costruite.
Ci parla poi della presenza di un vero e proprio apartheid con spiagge, farmacie, supermercati, ospedali per i ceti più abbienti e altri per quelli più poveri. Per non parlare dei muri per dividere le baraccopoli dal resto della civiltà e nascondere gli effetti di povertà ed emarginazione a ricchi e turisti, come succede nello stato di San Paolo, dove secondo le autorità il muro costruito a partire dal 2015 al chilometro 58 della Rodovia dos Imigrantes servirebbe per garantire la sicurezza degli automobilisti e preservarli dagli assalti criminali.

Nonostante tutto, L. è fiera di essere brasiliana e vive la lontananza del suo paese con classica saudade.

 

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