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20 Luglio 2021
Una infinita bellezza, la mostra sul paesaggio alla Reggia di Venaria
Fino al 1° novembre oltre 200 opere raccontano il ruolo ispiratore della natura per i grandi artisti, dalla pittura preromantica all’arte contemporanea
Fabiana Re
C’era una volta il Grand Tour, un viaggio lungo mesi intrapreso da artisti e gentiluomini alla scoperta della cultura classica e dei paesaggi italiani. Oggi è possibile visitare l’intera penisola senza spostarsi dalla Reggia di Venaria, grazie alla mostra Una infinita bellezza, aperta fino al prossimo 1° novembre e resa possibile da un accordo con Fondazione Torino Musei (per il prestito di un centinaio di tele della Gam) e numerosi musei italiani e collezioni private.
Inserita nella programmazione di eventi “Green” della Reggia, l’esposizione raccoglie nell’imponente Citroniera Juvarriana oltre 200 opere aventi la natura e il paesaggio come soggetto e ispirazione. Un vero e proprio viaggio nel tempo – dalla pittura preromantica all’arte contemporanea – e nello spazio, con scorci di scenari alpini e coste mediterranee.
Ad accogliere il visitatore sono i versi de L’infinito di Leopardi. Le 12 sezioni della mostra si aprono con la pittura settecentesca che cattura i paesaggi piemontesi, protagonisti dell’intero percorso, e la luce del Sud Italia, con i vibranti colori a olio che raccontano le riviere di Chiaia e di Amalfi.
L’artista “deve farsi paziente alunno della natura”, come ricorda il pittore romantico John Constable. Ecco che allora, proseguendo la visita, si arriva alla fine dell’800 e alla moda della creazione en plein air, dove l’occhio del visitatore è catturato da scenari paradisiaci e virtuosismi cromatici, come l’azzurro quasi in technicolor della Marina di Ischia dipinta da Leto.
Il paesaggio si fa anche specchio degli stati d’animo dell’artista. Ad esempio, per Segantini, le montagne delineate dal pennello non sono semplici rilievi geografici, quanto piuttosto simboli del ricongiungimento tra uomo e natura.
Il nuovo secolo segna una netta linea di demarcazione. A inizio ‘900 i pittori prediligono la luce rarefatta ed evocativa dell’alba e del tramonto, mentre le pennellate si fanno materiche e danno tridimensionalità alle tele, come nella meravigliosa Sinfonia di Belloni.
Sono i futuristi a scardinare ogni regola della pittura paesaggistica dei secoli precedenti. “Detestiamo il campestre, la pace del bosco, il mormorio del ruscello”, tuona Umberto Boccioni in una frase riportata lungo il percorso di visita. Il pittore si concentra sulle “matematiche geometriche trasformazioni” e sulle linee di forza del paesaggio, dando il via a una nuova stagione artistica.
La sperimentazione procede nel secondo dopoguerra, in cui la pittura si fa sempre meno descrittiva e più astratta e vengono rifiutate le pratiche tradizionali, prediligendo l’uso di materiali sintetici.
L’ampia sezione conclusiva è dedicata all’arte contemporanea. Negli ultimi decenni il tema del paesaggio non riceve particolare attenzione, eppure è rappresentato attraverso numerosi linguaggi artistici, dalla matita alla fotografia, dai video alla scultura. Addirittura nell’opera 37 km di eredità gli elementi naturali diventano materiale pittorico: pietre, terre, legno e tutti i sedimenti trasportati dal torrente Corsaglia ricompongono l’immagine del torrente stesso.
Al termine della mostra, l’uscita sui Giardini della Reggia sorprende il visitatore. I fiori del parco, la maestosa residenza sabauda e all’orizzonte il profilo delle Alpi. Eccola, l’infinita bellezza.