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10 Settembre 2021

Dagli allevamenti intensivi alla carne sintetica

Limitare i problemi legati al consumo di bovini è possibile cambiando le nostre scelte alimentari, ma forse c’è anche un’altra strada da percorrere

Sara Albanese

Carne in vetrino - carne sintetica

La carne prodotta in laboratorio può ridurre l’inquinamento

Purtroppo, tutto ciò che mangiamo ricade negativamente sull’ambiente e la necessità di un’alimentazione sostenibile è più urgente che mai.
L’industria della carne è una delle principali responsabili delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Ricercatori e ambientalisti sono sempre alla ricerca di soluzioni e alternative, che esistono ma non sono né semplici né immediate: si passa dalle diete a basso consumo di carne e uso di derivati alla possibilità di produrre carne in laboratorio.

RIDURRE IL CONSUMO DI CARNE
L’allevamento di animali comporta sia l’emissione di metano – rilasciato direttamente dagli animali e particolarmente dannoso per il clima – che di diossido di azoto, derivante dalla produzione del mangime e dai sistemi di gestione del letame. Inoltre, risultano un problema la deforestazione e la grande quantità di acqua consumata. Secondo uno studio svolto al Dipartimento di Agraria all’Università di Sassari, in Italia per produrre 1 Kg di carne sono consumati circa 790 litri di acqua.
Ad oggi la soluzione più praticabile è limitare il consumo. Per seguire una dieta che sia utile all’ambiente ma anche alla propria salute, secondo il World Cancer Research Fund bisognerebbe mangiare al massimo 3 porzioni a settimana di carne rossa. Inoltre il consiglio è ridurre i salumi, consumare più carne bianca e non possono mancare nella dieta alimenti a base vegetale come la soia, legumi e cereali.

LA CARNE SINTETICA
Una possibile alternativa è la carne sintetica. Conosciuta anche come carne “coltivata” o “artificiale”, è un alimento proteico ricavato per agricoltura, realizzata prelevando cellule muscolari da nutrire con proteine che aiutano la crescita del tessuto. Coltivando carne in laboratorio non si fa uso di allevamenti intensivi e di conseguenza ci sarebbe meno inquinamento nell’atmosfera, verrebbe utilizzata meno acqua, non servirebbe abbattere alberi per preparare il terreno al pascolo e la produzione di mangime animale sarebbe ridotta.
Esistono già diverse aziende produttrici per questo mercato; una è la Mosa Meat di Maastricht, che ha prodotto il suo primo hamburger di manzo coltivato e ciò che si legge sul loro sito è chiaro e semplice: “Per fare decine di migliaia di hamburger, tutto ciò di cui abbiamo bisogno da una mucca è un piccolo campione di cellule. Non è richiesta alcuna macellazione e sono necessarie molte meno mucche”. Importanti sono anche due imprese californiane: la Eat Just, che ha sviluppato i bocconcini di pollo ed è stata la prima al mondo a venderli, e la Memphis Meats, che ha completato la più grande campagna di finanziamento per un’azienda di carne coltivata in laboratorio.

PUÒ BASTARE?
Ad ogni modo, sfortunatamente, non è comunque sicuro che il mondo si salverà grazie a un hamburger sintetico. Secondo una ricerca della Oxford Martin School la coltivazione di carne potrebbe avere, nel lungo periodo, un impatto ambientale più alto di quello degli allevamenti intensivi. Se il metano e il diossido di azoto rappresentano l’emissione più significativa proveniente da una produzione tradizionale, la CO2 rappresenta l’emissione più rilevante per la coltura della carne ma mentre il metano permane in atmosfera per 12 anni circa, la CO2 persiste e si accumula nell’atmosfera per secoli.
Attualmente la carne sintetica è una delle strade che si può percorrere, ma secondo gli studiosi la tecnologica deve essere migliorata e resa più efficiente. Occorre quindi investire in metodi di produzione energetica sostenibile.

 

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Categorie: Ambiente

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