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14 Settembre 2021

Il bilancio di un’estate di incendi

Clima bollente, siccità e atti dolosi sono alcune delle cause, ma è dopo il passaggio dei roghi che le conseguenze si ripercuotono su tutto l’ecosistema terreste

Sara Albanese

Bosco in fiamme - incendi

Questa estate l’Italia ha avuto più incendi che il resto d’Europa

Non è passato molto tempo dalla diffusione delle terribili immagini degli incendi boschivi: animali tra le fiamme, foreste e biodiversità andati in fumo. Dall’Australia alla Siberia, dalla Grecia alla Turchia, dall’Italia alla California, dall’Amazzonia all’Africa: eventi verificatesi in tutto il mondo, come mostra anche l’immagine della Fire Information for Resource Management System della Nasa.
Sono fenomeni estremi e difficili da controllare, che causano la morte di persone e animali e soprattutto comportano lo sfollamento delle popolazioni locali, provocando inevitabilmente problemi a livello economico.

Questa estate l’Italia è stata il primo paese in Europa per numero di incendi divampati: sono andati in fumo, infatti, più di 158mila ettari di boschi. La stagione è stata rovente: ricorderete i 48,8° raggiunti a Siracusa in Sicilia, record continentale. Anche in Sardegna i danni sono stati devastanti, con 20mila ettari coinvolti.
Le aree più colpite nel mondo – come si vede dall’immagine diffusa dalla Nasa – sono state invece l’Africa sub-sahariana, dove bruciano vaste distese di savana, e l’Amazzonia. Anche la Siberia non è stata risparmiata: temperature altissime per quei luoghi hanno riportato una delle aree più fredde del globo a lottare con le fiamme.

Un incendio può essere provocato da diversi fattori. La siccità, l’aumento delle temperature e i forti venti rientrano tra queste. I cambiamenti climatici sono già in atto e la conseguenza è l’aumento di rischio legato a eventi meteorologici estremi: roghi, alluvioni, tempeste sono il risultato diretto del riscaldamento globale.
Non si può però non considerare il fatto che all’origine di un fuoco possa esserci anche la mano dell’uomo alla ricerca di un profitto, magari per estendere i pascoli o per riscuotere l’assicurazione. Come capita spesso in Africa, infatti, la causa principale è riconducibile a pratiche agricole e zootecniche: contadini e pastori bruciano la vegetazione affinché la cenere ripulisca e fertilizzi il terreno, con l’obiettivo di avere e ricreare nuovi spazi coltivabili. Anche la crisi in Amazzonia è un esempio di fuoco intenzionale per bonificare i territori boschivi e prepararli all’agricoltura o al pascolo del bestiame, provocando così il fenomeno della deforestazione. Ma qui l’area ha un valore preziosissimo poiché produce ossigeno e regola il clima e i cicli biologici che influenzano tutto il pianeta.

Le conseguenze più gravi di un incendio si verificano comunque dopo il passaggio del fuoco. È un evento devastante per l’ambiente che si ripercuote in tutto l’ecosistema. Alberi, boschi, foreste hanno un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico e un bosco bruciato perde la sua capacità di proteggere adeguatamente la zona circostante e le vie di comunicazione presenti.
Negli ultimi mesi le fiamme hanno messo a dura prova molti territori per giorni e giorni, rilasciando così nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica. In particolare, i fuochi in Siberia e in Nord America hanno contribuito a una più grande emissione di CO2. Per quanto la vegetazione abbia la capacità di riprendersi e rigenerarsi dopo il passaggio del fuoco, la frequenza ma soprattutto l’intensità di questi eventi rischiano di determinare una perdita di biodiversità animale e vegetale e un deterioramento di habitat per la fauna.
In questo triste bilancio, il patrimonio boschivo ha necessità di interventi politici in termini di controllo, prevenzione e manutenzione del suolo. Per il futuro di tutti noi.

 

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Categorie: Ambiente

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