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22 Settembre 2021

Ius soli e ius culturae, il diritto di essere italiani

La questione riguarda tanti giovani di origine straniera anche solo cresciuti nel nostro paese, oggi uniti nella campagna Obiettivo Cittadinanza

Valeria Guardo

Ragazza bianca e ragazza nera fanno gesto vittoria con grafiche x cittadinanza - ius soli

Un manifesto della campagna Obiettivo cittadinanza

All’indomani dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020 è riemerso un tema rimasto a lungo nell’ombra, che invece ha dell’urgente: parliamo del diritto alla cittadinanza italiana per tanti ragazzi e ragazze di origine straniera, questione che in alcuni casi definiamo genericamente con il termine latino ius soli (letteralmente, “diritto di suolo”).
Sull’argomento si è detto qualcosa in più dopo le Olimpiadi, ma spesso in maniera del tutto inadeguata. Facciamo dunque un po’ di chiarezza.

IUS SOLI SPORTIVO
Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha riportato all’attenzione il cosiddetto “ius soli sportivo”. Di cosa si tratta? In parole povere, è il diritto che possono acquisire i giovani residenti in Italia, ma figli di genitori stranieri, di tesserarsi presso le federazioni sportive a partire dai 10 anni, per avere così la possibilità ad allenarsi e competere fino al livello regionale.
Per la cittadinanza vera e propria, invece, si dovrà aspettare il diciottesimo anno di età, esattamente come avviene per tutti gli altri ragazzi di origine straniera nati e sempre vissuti in Italia. Fino a quel momento questi atleti non potranno quindi prender parte a gare nazionali, né tanto meno rappresentare l’Italia in quelle internazionali.

IUS SOLI, IUS SANGUINIS E IUS CULTURAE
Lo ius soli, al contrario, permette alla persona di vedersi riconosciuta la cittadinanza per il solo fatto di essere nata in un dato Paese. Al momento questa forma di diritto è presente in Francia, Spagna, Portogallo, Canada e Stati Uniti. Nel nostro paese invece è in vigore lo ius sanguinis, ovvero il riconoscimento alla nascita della cittadinanza italiana se uno dei genitori è italiano.
Le nuove proposte di legge per riformare questa materia sono arenate alla Commissione Affari Costituzionali della Camera già da qualche anno, ma tutte sembrano concordare su una nuova forma di diritto per chi è nato o cresciuto in Italia: lo ius culturae, ovvero la concessione della cittadinanza dopo un regolare percorso di studi.

STORIE DI #ITALIANISENZACITTADINANZA
Fioralba è arrivata in Italia nel lontano 2001, all’età di 11 anni. Da quel giorno ha sempre vissuto a Roma, dove ha studiato e dove ancora oggi vive e lavora. Trascorsi ormai vent’anni dal suo arrivo nel nostro paese, cerca di ottenere la cittadinanza ma non ci riesce; il suo problema è lo stesso di qualunque altro giovane italiano in questo momento così difficile: non ha una stabilità economica. Sì perché, seppur un diritto, la cittadinanza per molti è diventata un privilegio proprio perché per fare domanda è richiesto un reddito annuale minimo, senza contare che la pratica dura anni.
È quanto sta vivendo Sonny, che è nato e ha studiato in Italia ma nonostante abbia raggiunto la maggiore età da un po’, tuttora non possiede la cittadinanza a causa di cavilli burocratici e inadempienze.

OBIETTIVO CITTADINANZA
Entrambi, insieme ad altre ragazze e ragazzi con un vissuto simile, fanno parte del movimento Italiani senza cittadinanza, e stanno portando avanti la campagna #ObiettivoCittadinanza in collaborazione con l’associazione Cittadinanza Attiva.
Se vi siete riconosciuti in queste storie e volete far conoscere anche la vostra situazione, potete partecipare all’iniziativa seguendo alcune semplici istruzioni che troverete sul sito o visitando le pagine Facebook e Instagram.

 

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Categorie: Intercultura

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