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11 Novembre 2021

I paesaggi sensoriali di Otobong Nkanga

Abbiamo visitato la mostra Corde che si arricciano intorno alle montagne dell’artista nigeriana, al Castello di Rivoli fino al 30 gennaio 2022

Aurora Saldi

Sasso con corde - Otobong Nkanga

Un’opera di Otobong Nkanga al Castello di Rivoli

Al terzo piano del Museo di arte contemporanea del Castello di Rivoli ci sono cinque stanze colorate dedicate all’esposizione Corde che si arricciano intorno alle montagne di Otobong Nkanga,  curata da Carolyn Christov-Barkagiev e Marcella Beccaria in collaborazione con la Villa Arson di Nizza e aperta fino al 30 prossimo gennaio.
Si tratta di una mostra site-specific studiata appositamente per questo spazio museale, con cui l’artista (nigeriana ma cresciuta in Francia e adesso stabilita in Belgio) aveva già collaborato anni fa per l’evento L’emozione dei Colori nell’arte.

Attraversare queste cinque sale è come compiere un viaggio multisensoriale tra profumi, colori, suoni e materiali diversi. A guidare l’esperienza del visitatore e a dare il titolo alla mostra è l’elemento della corda, che attraversa le pareti e gli oggetti, rimanendo sempre al livello del pavimento per abbracciare un’idea di orizzontalità, intesa sia come ampliamento dei confini che come accessibilità agli occhi di chi visita la mostra.

Le spesse corde nere inanellano una serie di sculture di legno, che a volte sono riempite da materiali naturali come lavanda, olio di rosa, camomilla, melissa, ibisco, mentre altre invece contengono la registrazione di suoni che rimandano alla lavorazione tradizionale delle erbe. Ma non solo: le corde passano anche attraverso sfere di terracotta e sculture in vetro, creando una sorta di collana che procede di stanza in stanza, come a indicare un eterno e circolare legame tra azione umana, risorse naturali e paesaggio.

La mostra di Otobong Nkanga è simile a una sorta di organismo vivente, mutevole e trasformabile: nell’installazione sono infatti coinvolti materiali potenzialmente deperibili e le pareti ospitano brevi appunti scritti con il gesso (quindi cancellabili). Sono frasi apparentemente sconnesse, che ricordano il linguaggio dei sogni o quello dei giochi di parole infantili, tra cui spicca la frase che dà il titolo all’esposizione: Do you dream? Of cords curling around mountains.

Nell’ultima stanza la nostra attenzione torna a essere catturata dalla dimensione orizzontale dello spazio grazie ai due coloratissimi tappeti, che nella forma e nei colori ricordano il quarzo e la malachite, due minerali dalle grandi proprietà curative. Ma non solo: il verde e il blu di uno dei due tessuti sembrano fare riferimento anche alla rappresentazione del globo terrestre. Torna l’elemento del paesaggio dunque e della natura mutevole degli oggetti che fanno parte dell’installazione.

Nonostante alcune delle sculture siano di legno, per l’artista l’ecosostenibilità del processo creativo è stata assolutamente prioritaria: per questo Nkanga ha utilizzato un solo albero di faggio morto tre anni fa e ricercando accuratamente per l’installazione materiali non inquinanti.

Con Corde che si arricciano intorno alle montagne, l’artista ha voluto creare un percorso sensoriale fatto di stimolazioni olfattive (anche se forzatamente attutite dalle mascherine), suoni e colori caldi e accoglienti e materiali che suggeriscono diverse esperienze tattili. Si tratta di un paesaggio che scava a fondo nella memoria di Otobong Nkanga, nelle sue origini e anche nel suo percorso artistico: è infatti evidente l’influenza di Giuseppe Penone (suo maestro a Parigi) e dell’arte povera, sia nei materiali che nel potere di trasformazione attribuito all’arte.

Le sculture di diversa fattura, i tappeti, le registrazioni sonore, gli appunti sui muri, i materiali naturali: tutto sembra suggerire da una parte l’idea di opera d’arte strettamente connessa alla natura – e in quanto tale analoga a un organismo vivente che muta in continuazione – dall’altra un’atmosfera di gioco e sensorialità che si avvicina al mondo dell’infanzia e dei ricordi e al linguaggio onirico.

 

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Categorie: Cultura

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