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24 Novembre 2021
Con Club Silencio la cultura è anche intrattenimento
Vivi la bellezza della tua città: con questo motto l’associazione propone ai giovani di visitare musei e mostre in modo innovativo e informale
Fabiana Re
Immaginate i corridoi silenziosi di un museo, o gli imponenti saloni di una delle tante residenze storiche della città. Ora popolateli di centinaia di giovani che sorseggiano un cocktail e fanno nuove conoscenze al ritmo della musica selezionata da un dj. Vi sembra uno scenario surreale? Forse non siete mai stati a un evento di Club Silencio.
Parliamo di un’associazione culturale il cui scopo è favorire la partecipazione dei giovani alla vita sociale e culturale di Torino attraverso l’organizzazione di esperienze nuove, capaci di coniugare la fruizione di contenuti culturali a momenti di intrattenimento. Il format più celebre è Una notte al Museo, apertura serale straordinaria di un museo o di un edificio storico la cui visita è accompagnata dalla musica e dalla presenza di un cocktail bar.
PORTARE I GIOVANI NEI LUOGHI DELLA CULTURA
Gli eventi di Club Silencio sono una vera calamita per i giovani tra i 20 e i 35 anni perché presentano gli istituti culturali sotto una veste pop e contemporanea. Dietro questa idea innovativa c’è Alberto Ferrari: «Il progetto è nato da me e mio fratello circa quattro anni fa. Avevamo già esperienza nell’organizzazione di eventi – racconta – e abbiamo pensato di portarli nei luoghi della cultura, unendovi l’aspetto ricreativo e sociale».
La loro proposta tocca un punto dolente dei circuiti museali, che si domandano come coinvolgere nelle loro attività i più giovani. Questi, sebbene istruiti e disposti a volare a Parigi per vedere il Louvre, quando non sono in viaggio raramente si dedicano alla visita di mostre e musei: «Per questo – spiega Alberto – abbiamo scelto come nostro slogan Vivi la bellezza della tua città: vogliamo invitare a riscoprire i luoghi in cui si abita sotto un altro punto di vista».
LA COLLABORAZIONE DEI MUSEI
Ciò che Club Silencio intende fare è detto “audience development”, ovvero coinvolgere individui e comunità nel godimento delle arti. È tutta una questione di relazioni: da un lato si rafforzano quelle con il pubblico già esistente, dall’altro si attraggono nuove fasce della popolazione rispondendo ai suoi bisogni.
Ciò implica però un ripensamento delle proprie attività da parte dell’ente museale coinvolto. «All’inizio è stato complesso – ammette Alberto – ma adesso siamo sostenuti dalle principali fondazioni torinesi e sono i musei stessi a contattarci, mentre un paio di anni fa eravamo noi a bussare alla loro porta… E allora vaglielo a spiegare che dei ragazzi vogliono fare un evento con un dj in un museo senza distruggere tutto!».
LA CHIAVE DEL SUCCESSO
Oggi i numeri di Club Silencio raccontano da soli la storia di un successo: 80 eventi realizzati tra Torino, Milano e Genova, 60mila partecipanti coinvolti. Secondo il co-fondatore la chiave della riuscita del progetto è la comunicazione, che avviene solo attraverso i canali social e la newsletter ed è dinamica e creativa: «I luoghi di cultura comunicano in modo molto istituzionale e usano poco gli strumenti e il linguaggio dei giovani – spiega – mentre noi ci rivolgiamo a fotografi e videomaker che arrivano dal mondo degli eventi e dei festival, mescoliamo competenze e profili professionali provenienti da diversi ambiti per sradicare la tradizione troppo rigida del settore museale».
Nel tempo i musei hanno capito che ospitare gli eventi di Club Silencio garantisce un ritorno sia di immagine che economico: «La nostra comunicazione è interamente finalizzata alla valorizzazione del museo e non della serata – garantisce Alberto Ferrari – inoltre siamo economicamente sostenibili perché riconosciamo all’ente i costi dell’apertura straordinaria».
Con l’allentamento delle restrizioni imposte dal Covid, Club Silencio è tornato pienamente operativo e organizza eventi ogni fine settimana: «Ci stiamo strutturando per crescere e lavoriamo a bandi che prevedono anche in altri luoghi», afferma Alberto. A breve potrebbe andare in porto un progetto con Palazzo Madama, ma sul lungo periodo sogna di portare il format al Colosseo: «Vogliamo valorizzare il patrimonio culturale su scala nazionale e Roma è un’icona».