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3 Dicembre 2021

Al Tff tra horror e musica elettronica: The Strings

Proiettato in anteprima italiana al 39º Torino Film Festival il nuovo film del regista canadese Ryan Glover

Aurora Saldi

Ragazza con giaccone - The Strings

La protagonista di The Strings

Le Stanze di Rol, la sezione del Torino Film Festival dedicata alle pellicole di genere, è uno spazio labirintico e oscuro che cela oggetti inaspettati e quasi mai rassicuranti. Tra i tanti in questa edizione spicca The Strings, pellicola in bilico tra film musicale e horror, che con le sue atmosfere inquietanti si inserisce perfettamente nel contenitore di questa categoria.

Il film parla di Catherine, musicista di grande talento che si trova in poco tempo a dover elaborare lo scioglimento della sua band e la rottura con il suo ex fidanzato. Decide quindi di spostarsi per l’inverno nel cottage della zia, in una zona isolata e innevata della costa canadese. Qui conosce Grace, una fotografa del posto, di cui si innamora. Quando le due decidono di recarsi in una fattoria abbandonata per scattare alcune fotografie, per Catherine iniziano le visioni di alcune inquietanti presenze che sembrano davvero essere ossessionate da lei…

La colonna sonora è di grande qualità, scritta e suonata dall’interprete stessa della protagonista, la musicista Teagan Johnston, qui alla sua prima prova attoriale. La musica è intima e crudele come l’atmosfera psicologica di The Strings: un’elettronica che talvolta suona distorta e disturbante e accompagna testi inquieti. Le tracce di Catherine sono prodotte anche tramite la registrazione di suoni d’ambiente, quindi per tutto il film compare il contrasto – solo apparente – tra la musica e i rumori della casa, sempre più sinistri e spaventosi.

Come in Blow-out di Brian De Palma (1981), i suoni campionati dalla protagonista raccontano una storia inquietante e diventano per lei una vera e propria ossessione. La registrazione è per sua stessa natura un meccanismo che riporta artificialmente in vita ciò che non c’è più: The Strings ruota infatti intorno al tema, che è anche meta-cinematografico, dell’evocazione di fantasmi, intesa anche come il riproporre immagini e suoni che non esistono più se non su un supporto tecnologico.

Non è poi un caso che Grace sia proprio una fotografa e che il primo contatto di Catherine con le presenze paranormali avvenga osservando le fotografie scattate alla fattoria: anche le immagini sono infatti il simulacro di qualcosa che smette di esistere nel momento stesso in cui viene fotografato. Allo stesso modo non è casuale il fatto che le presenze si manifestino anche attraverso l’inquietante ritratto di una donna che Catherine appende sopra il proprio letto.

Così il film assume una piega ibrida, fondendo sequenze musicali a un’ottima suspence e a un omaggio costante ai canoni del genere, tra figure nell’ombra, eventi paranormali e spazi claustrofobici, ma anche al ragionamento su cosa sia vivo e su cosa sia morto, sull’essenza stessa del cinema, della musica elettronica e dell’arte figurativa. E non manca anche il discorso sulle diverse dimensioni del reale: prima di dormire Catherine guarda infatti una serie di documentari che parlano di fisica teorica, e anche il titolo del film, The Strings, richiama la celebre teoria delle stringhe. Il regista Ryan Glover sembra quindi chiedersi: cosa succede quando l’arte riesce a forzare il reale aprendo altre dimensioni?

Non è infine da sottovalutare il fatto che nel film compaiano solo figure femminili. Femminile è il soggetto del quadro sul letto, la voce del documentario di fisica teorica, l’amica con cui Catherine parla spesso nelle videochiamate, la proprietaria del cottage in cui si trasferisce e anche la ragazza che, nella leggenda raccontata da Grace, sarebbe stata colpevole dell’omicidio avvenuto nella fattoria, alla base delle sinistre credenze che la circondano. L’unica figura dai contorni maschili è proprio l’ossessiva presenza che infesta le notti di Catherine dalla visita alla fattoria in poi.

È possibile quindi leggere The Strings anche come una parabola distruttiva sulla solitudine femminile. Il fantasma assassina della fattoria sostiene, nel racconto di Grace, di aver ucciso i membri della sua famiglia perché sentiva delle voci: ma, come spiega molto bene Jude Ellison Sady Doyle nel suo saggio Il mostruoso femminile (Edizioni Tlon, 2020) sui prodotti di finzione di genere horror, dietro all’improvvisa pazzia di una donna spesso si possono leggere in controluce le pressioni sociali e un angusto clima familiare.
Dietro alla visione di The Strings quindi compare un’altra inquietante domanda: siamo di fronte a un film sul paranormale o stiamo piuttosto guardando il devastato spazio mentale di una donna sfiancata dalle pressioni del mondo esterno?

 

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Categorie: Cultura

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