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14 Gennaio 2022

Al Bicerin, il caffè dei torinesi dal 1763

Storia e curiosità del celebre locale in piazza della Consolata, che nei suoi originali ambienti storici continua a puntare sulle specialità della tradizione

Adele Geja

Bicchiere di bicerin e zuccheriera

Il bicerin nasce nel 1763

Tra le prime cose che vengono in mente pensando a Torino, oltre alla Mole Antonelliana, al Museo Egizio e ai gianduiotti, c’è il bicerin, caffè con cioccolata e panna un tempo servito in piccoli bicchieri senza manico (bicerin, appunto).
Evoluzione della bavareisa, bevanda settecentesca consumata in grossi bicchieri di vetro, inizialmente era servito in tre varianti diverse: il pur e fiur, simile al nostro cappuccino, il pur e barba, ossia un caffè con cioccolato e infine il ‘n poc ‘d tut (un po’ di tutto), soluzione che gradualmente soppianterà le altre.

Lo storico caffè produttore della bevanda – che con il passare del tempo venne chiamato dai torinesi semplicemente Al Bicerin – nasce nel 1763, quando l’acquacedrataio Giuseppe Dentis apre una piccola bottega di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata, che grazie alla speciale miscela di caffè, cioccolata e fior di latte (la cui ricetta è tuttora segreta) diventa in breve tempo uno dei più celebri della città, frequentato anche da Cavour.

Dal 1983 l’eredità del Bicerin è stata raccolta da Marité Costa, la cui attenta gestione ha reso il piccolo caffè torinese noto in tutto il mondo, come testimoniano i numerosi riconoscimenti, ad esempio la menzione Miglior Bar d’Italia nell’edizione 2001 della Guida ai Bar della rivista Gambero Rosso.
In seguito alla sua scomparsa nel 2015, oggi la cura del Bicerin è affidata al compagno Alberto Landi, a cui abbiamo fatto qualche domanda per capire cosa voglia dire gestire un caffè storico e portare avanti una tradizione torinese che prosegue da più di 250 anni.

Che influenza ha la notorietà storica del caffè nella gestione quotidiana del locale?
«Ha sicuramente un risvolto positivo e importante, perché crea interesse e attira la clientela. Tuttavia, bisogna essere consapevoli che ciò che si ha tra le mani deve essere trattato con cura, prestando attenzione al minimo dettaglio, dal restauro degli arredi alla qualità del cibo e al mantenimento di uno speciale sistema di accoglienza e di tradizione dolciaria».

In che modo è possibile innovare preservando la tradizione?
«La nostra è un’innovazione di processo, funzionale solo se aiuta a fare meglio i dolci. Il progresso tecnologico è naturale: ad esempio un tempo non c’erano le macchine del caffè, i frigoriferi o l’impianto elettrico, strumenti moderni che ci consentono di usare le materie prime più adatte per preservare il gusto antico. Puntiamo molto sulla qualità dei nostri prodotti, sempre uguali da duecento anni, ovvero il bicerin, la cioccolata, gli zabaioni e qualche tipologia di cioccolato solido, come i gianduiotti e la crema gianduia. Ogni tanto facciamo qualche pralina nuova, ma il settore su cui ci concentriamo è quello della cioccolateria torinese classica. La nostra eterogenea clientela non si aspetta prodotti nuovi, ma la massima qualità di quelli tradizionali».

Quanto è conosciuto all’estero il Bicerin?
«Grazie ai molti premi, alle interviste e alle menzioni su prestigiose guide, è conosciutissimo in tutto il mondo. Abbiamo uno shop online, utilizzato molto in Italia e un po’ in Europa, non tanto dai paesi extra-europei a causa delle complicazioni doganali. Preferiamo tuttavia che la clientela venga sul posto, assaporando i nostri prodotti nell’ambiente storico originale».

C’è una particolarità del locale che si è mantenuta nel tempo?
«Dopo una prima gestione maschile nel ‘700, il Bicerin ha sempre avuto proprietarie donne: dal 1917 al 1971 è stato gestito dalla signora Ida Cavalli, aiutata dalla sorella e dalla figlia, poi dal 1971 al 1977 da Silvia Cavallera e infine da Marité Costa. Questa particolare caratteristica ha dato al locale un’aura di garbo e delicatezza che si desidera mantenere, tanto che ancora oggi il personale è interamente femminile. Questa tradizione risale al tempo in cui i caffè erano luoghi di ritrovo esclusivamente maschile, interdetti alle donne “rispettabili”. Il Bicerin invece, benché aperto da un uomo, diventò presto a conduzione femminile e ciò rese consona la sua frequentazione per le signore, che per una volta potevano mostrarsi sole in pubblico sentendosi a proprio agio. Inoltre, la vicinanza al Santuario della Consolata contribuì a rendere il Bicerin meta preferita da un pubblico femminile che, all’uscita dalle funzioni qui consumava un nutriente ed economico spuntino per rompere il digiuno chiesto dalla comunione».

Ci racconti di Marité.
«È stata l’anima del Bicerin per trent’anni: nel 1983 il negozio era già molto conosciuto, ma lei ha curato l’attività in ogni dettaglio creando un modello unico di ospitalità e accoglienza. Come una vera “archeologa” del cioccolato torinese, ha svolto ricerche sulle ricette originali cercando le materie prime della migliore qualità per preservare i sapori della tradizione. Inoltre, ha restaurato gli arredi originali per ricreare l’atmosfera delle cioccolaterie ottocentesche. La Camera di Commercio della Città ha voluto premiare il suo lavoro conferendole il Premio Bogianen 2013».

 

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Categorie: Scoprire Torino

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