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27 Gennaio 2022

Prima degli ebrei, le persone disabili: l’altro Giorno della Memoria

Dal 1933 il programma Aktion T4, complici di molti medici, portò alla morte oltre 70.000 “malati inguaribili”

Silvia Bruno

Foto in bianco e nero di persone con disabilità - Aktion T4 Giorno della Memoria

Il programma Aktion T4 uccise più di 70mila persone disabili

Quando si pensa ai crimini del Terzo Reich la mente va subito all’Olocausto, all’uccisione degli ebrei nei campi di concentramento, ricordati oggi nel Giorno della Memoria. Ancora pochi però sanno che da inizio ’30 i primi a subire la follia nazista sono le persone con disabilità, fino ufficialmente al 1941, termine del famigerato programma di eutanasia noto come Aktion T4, che si stima causi tra 60.000 e 100.000 vittime.

Com’è possibile tutto ciò? In parte si tratta di un’operazione segreta, ma che poggia su basi ritenute scientifiche da buona parte della comunità medica tedesca, affascinata dalle teorie eugenetiche affermatesi negli Stati Uniti e in Europa all’inizio del Novecento. Queste sostengono che il genere umano possa progredire solo eliminando i caratteri genetici ritenuti “negativi”, rappresentati da persone con patologie presenti alla nascita o ritenute tali.

Hitler definisce le loro vite “non degne di essere vissute” e appena asceso al potere nel 1933 fa approvare dal parlamento tedesco una legge che impone la sterilizzazione forzata di chi ha malattie ereditarie o così considerate, come schizofrenia, ritardo mentale, cecità, sordità o malformazioni fisiche.
Gli elenchi degli individui da sottoporre al “trattamento” (parola che ricorrerà più volte in questa triste storia) arrivano da insegnanti e medici che lavorano in scuole, istituti e case di cura, su cui inizia a far presa la propaganda di regime che, attraverso film, trasmissioni radio, manifesti e materiale informativo promuove “l’igiene della razza”.

Di pari passo Hitler autorizza l’uccisione dei cosiddetti malati inguaribili, progetto che però può iniziare pienamente solo con lo scoppio della guerra. All’eugenetica si unisce infatti anche una giustificazione utilitaristica ed economica, che vede in gran parte delle persone disabili solo un peso per la sanità pubblica e uno spreco di risorse che potrebbero invece essere impiegate nello sforzo bellico.

I nazisti chiamano questo programma di eutanasia Eu-Aktion, noto come T4 perché all’indirizzo di Tiergarten Strasse 4 a Berlino ha sede il quartier generale che amministra e dirige l’intero processo.
Le prime vittime sono i bambini: una circolare ordina a medici e ostetriche di riportare i casi di neonati e minori con malformazioni e patologie giudicate non guaribili. Lo Stato ha però bisogno del consenso dei genitori per prendere in carico i piccoli pazienti, così si mente alle famiglie dicendo loro che in appositi reparti ospedalieri o istituti i loro figli potrebbero ricevere le più moderne cure. Per ignoranza, povertà o entrambe le ragioni, in tanti acconsentono: poco tempo dopo uno scarno telegramma comunica loro la morte del bambino, per polmonite o cause naturali. In realtà si tratta di overdose di farmaci o inedia, modalità scelte da un’apposita commissione di medici e giuristi, teorici della “morte pietosa”.

Nel 1939 inizia l’eliminazione degli adulti con disabilità, soprattutto intellettive e psichiatriche, ambito in cui spesso sono inserite anche persone con disturbi di apprendimento o semplici oppositori politici.
Tutto è meticolosamente programmato e organizzato: grazie alle liste di degenti forniti da ospedali, case di cura, manicomi o istituti pubblici simili (i cui direttori nella maggior parte dei casi pensano di partecipare a indagini statistiche) i pazienti sono prelevati e trasportati con autobus o treni nei sei centri adibiti al programma fra Germania e Austria. Qui migliaia di uomini e donne vengono sottoposti al “trattamento”, all’inizio consistente in iniezioni letali, presto sostituite dalle camere a gas. In seguito i funzionari dell’Eu-Aktion prelevano eventuali denti d’oro dai corpi, che sono poi cremati.

Nel corso dei due anni successivi, fino al 1941, alcune aree dello stato e della società si oppongono a questo sistema: parliamo di una parte dell’apparato burocratico e delle chiese, sia luterana che cattolica. Soprattutto l’influenza di queste ultime porta anche a proteste popolari, forse le uniche registrate pubblicamente durante il regime nazista. Quindi soprattutto per ragioni di opportunità politica Hitler decide di sospendere il programma, che di fatto però non si ferma mai del tutto e anzi serve da modello per lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento.

D’altronde ormai è stato sistematizzato un “efficace sistema di eliminazione fisica” di persone considerate inutili, se non dannose per il disegno di supremazia della razza ariana del Terzo Reich. Il peggio deve ancora arrivare.

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Tutta questa vicenda è stata raccontata dall’attore e regista Marco Paolini in Ausmerzen – Vite indegne di essere vissute, un racconto teatrale e un libro che ripercorrono nascita e funzionamento del programma Aktion T4 attraverso ricostruzioni e testimonianze.

 

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Categorie: Cultura

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