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19 Luglio 2022

Siccità in Piemonte: dati e prospettive

Intervista a Secondo Barbero, Direttore del Dipartimento Rischi Naturali e Ambientali dell’Arpa Piemonte, sulla situazione idrica della nostra regione

Antonio Tedesco

Veduta del Po in secca - siccità

Il Po dal ponte della Gran Madre a Torino

Per capire che la situazione fosse critica ci volevano le immagini dall’alto a inquadrare il Po desolato e sofferente. L’impatto della stagione estiva ci ha messi davanti al problema della siccità che sta interessando tutto il Nord Italia, previsioni di carenza che già da febbraio l’Arpa Piemonte aveva iniziato a segnalare all’Osservatorio sul fiume Po.
Un quadro chiaro delle condizioni lo abbiamo chiesto a Secondo Barbero, Direttore del Dipartimento Rischi Naturali e Ambientali dell’Arpa regionale: «I segnali di anomalia erano già evidenti nei primi mesi dell’anno, il Piemonte ha avvertito per primo le autorità, segnalando poi nei mesi da marzo a maggio una severità media di scarsità idrica. Adesso tutto il distretto del Po versa in situazione critica».

Mancanza di portata idrica che si può riassumere in pochi e chiari dati elencati da Barbero: «Inverno e primavera sono state anomale sia a livello di temperatura, con il terzo inverno più caldo degli ultimi 65 anni e un mese di maggio con picchi di temperatura elevati rispetto alla media, sia a livello di precipitazioni. Anche qui siamo al terzo inverno più secco con una situazione in primavera che non è riuscita a compensare il deficit. Stiamo parlando di una mancanza che – continua Barbero – va dal 60 al 70%, a cui si aggiunge il deficit delle riserve di neve dato dallo scarso innevamento stagionale e relativa fusione del manto nevoso anticipata di 40 giorni rispetto allo standard. Senza considerare il contributo dei ghiacciai ormai trascurabile, in tutto l’arco alpino la situazione non è affatto buona: negli ultimi 30 anni la loro superficie si è dimezzata e ormai non è una risorsa rinnovabile».

Il settore messo più a dura prova in Piemonte è soprattutto quello agricolo, caratterizzato da coltivazioni che richiedono grandi quantità di irrigazione: «Si tratta di una situazione generalizzata – dice il direttore – che non coinvolge solo porzioni di territorio. Le colture risicole sono esigenti e stanno mettendo a dura prova la situazione a Vercelli, Biella e Novara. Cambia la coltivazione ma non la difficoltà nel torinese e nel cuneese, dove invece a prevalere è il mais».
Secondo Barbero è invece più rassicurante il quadro che riguarda Torino città: «Non dovremmo avere problemi con l’acqua potabile. Possiamo contare su delle infrastrutture con ammodernamenti fatti negli ultimi anni che vanno a coinvolgere sorgenti e falde sotterranee con un notevole contributo in termini di portata. Ovvio che non ci dobbiamo appoggiare sugli allori perché è sempre una situazione in divenire».

La mancanza di acqua è andata inevitabilmente a coinvolgere la produzione di alcune centrali idroelettriche: «Purtroppo alcune hanno dovuto fermarsi visto che sono mancanti di un bacino di accumulo che permetta una produzione anche limitata. Situazione diversa per le centrali provviste di questo bacino, che oltre a poter funzionare permettono anzi di dare una boccata d’ossigeno ai percorsi fluviali in momenti del genere, un fattore che si può usare come riserva».

Un problema che inizia a sorgere è invece quello delle dispute tra le regioni attraversate dal Po sulla disponibilità di acqua fornita: «Ritengo sia un problema più che altro legato alla risalita del cuneo salino – afferma Barbero – situazione che si verifica alla foce e in particolare nel ferrarese. La portata bassa permette all’acqua del mare di entrare nel fiume rendendo quindi l’acqua inutilizzabile ai fini agricoli. In generale l’approvvigionamento per l’agricoltura non è molto, il fatto che non si possa prelevare l’acqua del Po rende sicuramente la situazione critica».

In un tale quadro generale cosa devono fare le istituzioni e cosa può fare ognuno di noi? «A livello istituzionale, oltre a gestire l’emergenza si deve agire su due fronti. Sul lato idropotabile con misure più resilienti, mettendo ad esempio in comunicazione le reti idriche, permettendo un controllo capillare delle risorse disponibili; sulla parte irrigua, lavorando per ridurre gli sprechi dati dalle perdite dell’irrigazione e realizzando reti di accumulo: l’acqua non manca, è la sua localizzazione nei territori a non essere distribuita. Infine a livello personale – conclude Barbero – oltre a invitare i cittadini a un uso consapevole e alle accortezze che ognuno di noi può fare, un ambito in cui si può intervenire è quello della ristrutturazione degli edifici, implementando dei sistemi diversificati per l’acqua potabile e quella per altri usi».

 

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Categorie: Ambiente

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