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13 Agosto 2021

Il 2020 raccontato dalla World Press Photo Exhibition

Fino al 22 agosto è possibile visitare a Palazzo Madama la celebre mostra itinerante di fotogiornalismo, ospitata anche quest’anno a Torino

Adele Geja

Donna nera e uomo bianco davanti a monumento Lincoln - World Press Photo Exhibition

Una scatto finalista come World Press Photo of the Year

Ultimi 9 giorni per ammirare a Palazzo Madama gli scatti premiati nel concorso di fotoreportage organizzato dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam, giunto alla sua 64esima edizione, a cui partecipano ogni anno oltre 6.000 fotografi provenienti da importanti testate da tutto il mondo.
La mostra World Press Photo Exhibition presenta sia le immagini vincitrici che quelle finaliste, divise in varie categorie, all’interno delle quali si distinguono le sezioni Ritratti singoli o Storie.

Le tematiche affrontate nell’edizione 2021 ripercorrono gli eventi chiave del 2020, a partire inevitabilmente dalla pandemia da Covid-19. Proprio tra questi scatti è stata scelta la World Press Photo of The Year: è l’immagine del fotografo danese Mads Niessen che ha immortalato un’anziana paziente affetta da Coronavirus abbracciata da un’infermiera attraverso un’apposita “tenda”, in una casa di cura a San Paolo in Brasile.

Colpiscono per la loro intensità anche tutte le altre fotografie legate al virus, come il corpo di una sospetta vittima avvolto nella plastica gialla per i rifiuti infettivi sulla brandina di un ospedale indonesiano, il Tgv francese che trasporta i pazienti da ospedali sovraffollati ad altri più liberi e gli ingegnosi metodi per vedere parenti e amici messi in atto dagli abitanti di due città svizzere, che per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale non potevano passare il confine con la vicinissima Germania.

Il Covid non è stato l’unico evento tragico dello scorso anno. Contrasto, il servizio dell’italiano Lorenzo Tugnolo vincitore del primo premio Storie in Notizie impreviste, racconta infatti l’enorme esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020, evento che per molti libanesi è diventata un simbolo di tutti gli altri problemi del paese.

Anche la morte di George Floyd e le conseguenti manifestazioni del movimento Black Lives Matter, diffuse in tutto il mondo, trovano spazio tra gli scatti finalisti, come quello di Evelyn Hockstein, nominato per il titolo di World Press Photo of the Year: la fotografia immortala la discussione tra un uomo bianco e una donna nera per la rimozione dell’Emancipation Memorial di Lincoln Park a Washington. Il monumento raffigura infatti il presidente Abraham Lincoln con il proclama di emancipazione e una mano sulla testa di un uomo di colore, inginocchiato ai suoi piedi.
Gli attivisti di Black Lives Matter considerano la statua paternalista e ingiusta verso il ruolo che i neri americani hanno svolto nella propria liberazione e per questo motivo vorrebbero rimuovere questo genere di monumenti, simboli di un passato opprimente.

Proseguendo nell’esposizione si incontrano i reportage appartenenti ai progetti a lungo termine, come Intrappolati in Grecia di Angelo Tzortzinis, terzo classificato nella categoria Migrazioni, che racconta bene la tragica quotidianità di migliaia di migranti rimasti bloccati nei campi profughi in seguito alla crisi dei rifugiati nel 2016. Il progetto fotografico è stato realizzato soprattutto tra le isole di Samos e Lesbo e vuole esplorare la capacità umana e sociale di adattamento.

È da menzionare anche la categoria Storie particolari, a cui appartiene Habibi (“Amore mio”), il progetto di Antonio Faccilongo vincitore del titolo di World Press Photo Story of the Year, che offre un commovente spaccato sulla vita delle famiglie dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane con condanne anche superiori ai 20 anni. Le fotografie raccontano il coraggio e la perseveranza di queste persone, costrette a ricorrere al contrabbando di sperma e alla fecondazione in vitro per continuare ad avere figli.

Alla stessa categoria appartengono gli scatti di Karolina Jonderko sui “bambini rinati”, ovvero bambolotti in vinile o silicone estremamente realistiche, con vene, lacrime e saliva. La maggior parte dei proprietari sono collezionisti, ma esistono anche molte donne che, dopo aver sofferto aborti o morti premature dei figli, li acquistano per simulare un processo di adozione e cercare di colmare un vuoto e la loro sofferenza.

 

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Categorie: Cultura

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