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22 Marzo 2019

Borders, il racconto dell’Ucraina di oggi

A Slavika Festival approda una mostra dedicata al viaggio di un gruppo di giovani alla scoperta dei confini di un Paese in bilico

Alice Dominese

La mostra Borders è visitabile fino al 24 marzo

Fra Torino e Kiev ci sono 2.227 chilometri, 24 ore in auto a separarle e molti confini. Nell’agosto 2018, sotto la guida dell’associazione Retrò Scena, un gruppo di ragazzi e ragazze ha deciso di raggiungere l’Ucraina per conoscere più da vicino una realtà complessa, quella di un Paese in bilico fra Russia e Unione Europea. Fino al 24 marzo, il racconto di questo viaggio prende la forma di una mostra multimediale, dal nome Borders_- Sul Confine, ospitata all’interno della Galleria delle Immagini di Palazzo San Celso presso il Polo del ‘900 (corso Valdocco 4/a) nell’ambito di Slavika, il Festival delle culture slave.
Per scoprire il progetto, abbiamo intervistato Alessandro Vico, 20 anni, studente di storia e fra gli organizzatori di questo evento.

Di cosa siete andati alla ricerca nel vostro viaggio in Ucraina?
«L’idea alla base del campo estivo 2018 era di fare un’esperienza culturale allargando i contatti sul territorio ucraino anche al di fuori della rete di associazioni di volontariato che erano state incontrate negli anni precedenti. A partire dalla nascita del progetto Sul Confine, che organizza i campi e tesse i rapporti con i gruppi locali, il desiderio è stato infatti quello di creare con loro dei legami di scambio e di dialogo per cercare di comprendere quale fosse il significato dei confini, non per forza fisici, per le persone. Le proteste di piazza Maidan nel 2014 contro il presidente Janukovyč hanno segnato una rivoluzione nelle vite della gente e gli scontri per i confini sono diventati ancora più violenti. Questo ci ha portato a chiederci cosa voglia dire scendere in piazza rischiando le botte e spesso anche la morte per l’Unione Europea, rispetto cui questo Paese nutre sentimenti ambivalenti, così come nei confronti della Russia. Per questi motivi, la nostra ricerca si è spesa anche nel tentativo di comprendere cosa sia l’Europa per i non Europei».

I ragazzi impegnati in attività di servizio in Ucraina

Con quale realtà vi siete confrontati?
«Abbiamo svolto due campi paralleli, uno a Lebedyn e uno a Marefa, luoghi vicini alle regioni in conflitto dove ci sono molti rifugiati. Qui abbiamo incontrato associazioni di volontariato e think thank impegnati nella costruzione dell’Ucraina che cerca di ripartire dopo la rivoluzione, e svolto numerose attività di servizio, come sistemare le case di chi non aveva le risorse per farlo. Abbiamo conosciuto un contesto molto simile al nostro, per quanto profondamente diverso: personalmente, ho percepito quanto alcuni aspetti dell’Unione Europea che nella vita quotidiana diamo per scontati lì abbiano un altro valore; allo stesso tempo, mi ha colpito la voglia dei giovani di cogliere al volo la possibilità di fare qualcosa di concreto e utile per il proprio territorio».

Dopo questa esperienza, quali sono gli obiettivi della mostra?
«L’obiettivo principale è sicuramente quello di restituire quello che abbiamo vissuto, di testimoniare le storie delle persone davvero incredibili che abbiamo incontrato e che ci hanno raccontato la loro esperienza diretta in piazza Maidan e la vita in Ucraina dopo di allora. A questo si lega la volontà di informare su una realtà che pone molte domande e molti problemi di carattere geopolitico, ma non solo. La mostra vuole raccogliere la diversità dei punti vista su quello che è successo e che sta ancora accadendo, non fornire un’opinione prestabilita. Quello che desideriamo trasmettere è che, con il giusto impegno, anche un gruppo di ragazzi ha la possibilità di fare cittadinanza attiva realizzando progetti belli e avventurosi, che possono avere un impatto concreto su ciò che ci circonda».

 

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Categorie: Cultura

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