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19 Settembre 2019

Guida all’arte urbana: Mirafiori Sud

Continua il nostro viaggio alla scoperta dell’arte urbana torinese fra ritratti di scrittori, misteriosi animali metallici e monumenti dedicati alla Resistenza

Fabio Gusella

Murales Mirafiori sud

Un murales di via Artom (foto di F. Vaglio Laurin)

Dopo una prima tappa nei quartieri di Santa Rita e Mirafiori Nord e una seconda in Barriera di Milano, la terza destinazione del nostro tour a caccia di street art sarà un altro ventricolo del cuore industriale di Torino: stiamo parlando di Mirafiori Sud, ritratto anche nelle fotografie di Francesca Vaglio Laurin. Come in passato, anche questa volta ci siamo affidati alla storica dell’arte Marzia Bolle, già coautrice della guida illustrata L’arte nelle strade di Torino (2017, Edizioni del Capricorno).

Partiamo da via Plava 30. Appena oltre il cancello d’ingresso dello stabilimento Fiat, possiamo trovare l’opera intitolata Le due forze. Realizzata alla fine degli anni Settanta dall’orafo e scultore torinese Bruno Martinazzi, la scultura rappresenta due enormi pugni in pietra. Come ci racconta Bolle, l’opera fu voluta da Giovanni Agnelli e fu anche definita da Sergio Marchionne come un simbolo dell’idea d’impresa: «Una sintesi di forze che convergono verso lo stesso obiettivo».

Oltrepassando corso Unione Sovietica, continuiamo su via Arturo Farinelli e sfociamo in piazza Santi Apostoli. Nelle immediate vicinanze, in via Giovanni Verga, su un muro sulla destra vicino all’incrocio con strada delle Cacce, si possono vedere una serie di graffiti, in mezzo ai quali emerge una delle tante opere murarie realizzate dall’associazione culturale di graffiti-writer Monkeys Evolution: il murale, del 2010, prende spunto dal romanzo più conosciuto di Verga, I Malavoglia. Fra le onde ribelli, galleggiano una bottiglia e un cellulare, entrambi veicoli di messaggi. Qualche passo più avanti, incastonato nella cornice di un francobollo, appare un ritratto in bianco e nero dello scrittore.

Da via Verga svoltiamo a destra per raggiungere strada Castello di Mirafiori; la percorriamo fino all’incrocio con via Emanuele Artom e qui, al centro della rotonda, incontriamo l’opera scultorea intitolata Due noci (2010) di Marcella Tisi, artista che nei suoi lavori ha sempre come soggetto principale la natura.

Continuiamo su via Artom dove, su tre condomini situati all’altezza del civico 81, possiamo ammirare tre murali collettivi realizzati nel 2017 per il progetto Mira-Up. Come apprendiamo da Bolle, «il primo murale incentiva l’utilizzo della bicicletta per salvare la natura da smog e cementificazione: un ragazzo, in sella alla sua bici su un filo spinato, si lascia alle spalle un albero secco e si dirige verso un altro ancora in fiore. Sul secondo muro – continua – è rappresentata una grande mano che alza l’indice verso il cielo, ossia un invito a guardare in alto e a toccare i cielo con un dito. Infine, il terzo muro stimola lo spettatore a evadere dal grigiore della città verso il Viaggio, la conoscenza… anche di nuovi linguaggi, come testimoniamo le nove mani dipinte, che nella lingua dei segni hanno scritto la parola “Mirafiori”».

All’angolo fra via Artom e via Candiolo (nei pressi della biblioteca civica Cesare Pavese), osserviamo un’opera che i giovani artisti emergenti Margherita Bobini e Andrea Gritti hanno voluto dedicare al tema della Resistenza: si tratta di un murale che ritrae Emanuele Artom, giovane partigiano ebreo morto in carcere sotto tortura nel 1944. A questo proposito, Marzia ci consiglia di proseguire appena il nostro cammino, andando a omaggiare la vicina lapide commemorativa del giovane, situata all’angolo fra la stessa via Artom e via Onorato Vigliani.

Proseguendo ancora su via Artom, sulla sinistra troviamo la scultura intitolata Iguana : un animale metallico immerso nel verde che lo scultore, designer e docente Luigi Nervo ha realizzato nel 1982 impiegando comuni tubi di metallo verniciato, piegati in modo da creare un gigantesco rettile o, per usare le parole di Nervo, una “macchina-gioco” concepita per riavvicinare l’uomo all’ambiente in cui è inserita. Tramite il racconto di Bolle, scopriamo inoltre che l’artista preferì condividere la produzione dell’opera con un gruppo di operai Fiat in cassa integrazione, sottolineando così la sua vocazione verso il sociale.

In fondo a via Artom, a uno degli ingressi del Parco Colonnetti, possiamo vedere il Monumento alla Pace di Alessandro Roncaglio. Dietro a quest’opera così semplice, si cela una storia terribile: «Mancano pochi mesi alla Liberazione – racconta Bolle – quando il giovanissimo Alessandro viene arrestato e consegnato ai tedeschi insieme al padre: sono entrambi deportati prima a Mauthausen e successivamente nel campo di sterminio di Gusen II, dove il padre troverà la morte».
Il monumento del Parco Colonnetti, realizzato da Roncaglio molti anni dopo la fine della guerra (nel 1992), consiste in una lastra inox lavorata a sbalzo recante frasi, simboli e disegni che ricordano e celebrano i valori e i caduti della Resistenza. Su uno sfondo di montagne, un partigiano è raffigurato mentre poggia il suo fucile al muro di una baita. Roncaglio stesso sottolineò che “il partigiano non sotterra il suo fucile e non lo consegna, ma lo appende, pronto a difendere ancora i valori per cui ha combattuto”. Come nota Bolle, l’acciaio inox è simbolo di indistruttibilità, proprio come i valori della Resistenza e della Costituzione. “Le mie opere – dichiarava l’artista – non appartengono all’arte in senso stretto, ma rivendicano lo spazio pubblico come luogo di memoria collettiva”.

Apprendiamo che la famiglia Roncaglio abitava nella vicina via Onorato Vigliani 172, al cui ingresso è oggi incastonata nell’asfalto la pietra di inciampo dedicata al padre di Alessandro, Giovanni. Questa nostra tappa si conclude qui ma, fra un passo e l’altro, cerchiamo di inciampare: solo così non dimentichiamo.

 

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Categorie: Scoprire Torino

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