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12 Maggio 2020

Differenziare i rifiuti? Ci pensa Nando, il cestino intelligente

La start up Re Learn ha sviluppato una tecnologia in grado di smistare automaticamente ciò che gettiamo via: l’obiettivo è raggiungere stazioni e aeroporti

Fabiana Re

Disegno funzionamento cestino intelligente Nando

Il cestino Nando divide automaticamente i piccoli rifiuti

Un contenitore per i piccoli rifiuti capace di dividere ad esempio la carta dai materiali non riciclabili. È l’idea attorno cui sta lavorando la start up Re Learn, nata a Torino lo scorso anno. Per saperne di più incontriamo Chiara D’Adamo, laureanda in Ingegneria Energetica e una delle menti del progetto, a cui è stato dato il nome di Nando.

Cos’è Nando e come può contribuire alla soluzione del problema dei rifiuti?
«Nando è un cestino intelligente in grado di riconoscere e smistare automaticamente tutti i rifiuti che vengono inseriti al suo interno. La nostra idea è quella di posizionarlo all’interno di aeroporti o stazioni in maniera tale che i rifiuti, una volta prelevati da treni e aerei, invece di essere smaltiti nell’indifferenziata vengano gettati dentro Nando, che ha un meccanismo di riconoscimento visivo: al suo interno c’è una telecamera che identifica il rifiuto tramite un meccanismo di intelligenza artificiale. Si tratta di una rete neurale che continua a imparare, quindi più rifiuti vede e più aumenta l’accuratezza della selezione. Ha poi un braccio meccanico che preleva il rifiuto e lo getta nel cestino corretto».

A che punto del lavoro siete?
«Abbiamo presentato la nostra idea in diverse fiere e bandi a tema sostenibilità e innovazione ed è piaciuta molto. Molte realtà vogliono aiutarci a realizzarla. Avevamo ultimato il prototipo, mancavano gli ultimi ritocchi ma è rimasto bloccato all’interno del FabLab, il laboratorio in cui lo stavamo costruendo. Dato che non è possibile accedervi in questo periodo, l’unica attività che abbiamo potuto portare avanti è stata l’addestramento della rete neurale, scattando foto a vari tipi di rifiuti in maniera tale da aumentare il più possibile il numero di immagini nel database di Nando e fargli raggiungere un’elevata efficienza».

Come nasce invece Re Learn?
«La nostra start up è formata da studenti e studentesse del Politecnico di Torino, principalmente del ramo ingegneristico, e nasce dal fatto che siamo tutti fuori sede. Tornando a casa, durante i lunghi viaggi in treno o aereo ci siamo resi conto che la raccolta differenziata a bordo di questi mezzi non viene effettuata, nonostante i rifiuti prodotti siano molti, a partire da quello che si mangia, che si beve, le riviste che vengono lette… Tutti rifiuti che finiscono nell’indifferenziato proprio per la mancanza dei cestini adeguati e di spazio sufficiente a bordo. Abbiamo quindi indagato se fosse solo una nostra percezione o un fatto reale e documentato. Leggendo i report di sostenibilità di Trenitalia e consultando i dati delle compagnie aeree ci siamo resi conti che solo l’anno scorso il 70% di tutti i rifiuti prodotti a bordo dei treni non è stato differenziato e sugli aerei la percentuale sale al 75%, numeri altissimi! Basti pensare che sugli aerei ogni anno vengono gettate via 9mila tonnellate di plastica, che se solo venissero riciclate potrebbero dare vita a nuovi prodotti, in un’ottica di economia circolare in cui il materiale non viene mai perduto ma semplicemente trasformato. Ci siamo allora interrogati su come risolvere il problema… Ed è qui che entra in gioco Nando».

Quale consiglio daresti ai giovani con un’idea in mente che però non sanno come muovere i primi passi?
«Guardatevi intorno, capite se c’è qualcosa che non vi piace, che fareste diversamente, o un problema da risolvere e immaginate una soluzione. Anche se all’inizio sembra un’idea troppo ambiziosa, difficile da realizzare, specialmente nelle fasi iniziali bisogna volare altissimi. Con l’esperienza in Re Learn ho capito che la cosa più importante è il team: circondatevi di persone che credono nel progetto tanto quanto voi, che vogliono impegnarsi, e se non le trovate partecipate a eventi di cui si parla del problema che avete individuato, magari le incontrerete lì. Il valore umano è la cosa più importante, perché se dietro al progetto non ci sono persone che ci credono abbastanza questo potrebbe non vedere mai la luce».

 

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Categorie: Ambiente, Tecnologie

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