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1 Luglio 2021

Dal 3 luglio stop alla plastica monouso. O forse no?

L’Unione Europea vieta anche i prodotti in materiale biodegradabile e compostabile, ma l’Italia non è d’accordo: piccola guida alla Direttiva 904

Fabiana Re

Posate in plastica monouso

Il 3 luglio scatta il divieto europeo della plastica monouso

Addio a piatti e posate in plastica usa e getta, che a partire da dopodomani 3 luglio abbandoneranno gradualmente gli scaffali dei supermercati e, una volta esaurite le scorte, ne sarà vietata la vendita.
L’Italia recepisce così la tanto discussa Direttiva Europea 904 “sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”, ma non senza polemiche. Se infatti avete provato a seguire gli sviluppi della faccenda vi starete forse interrogando sull’eticità della vostra scorta di stoviglie in plastica biodegradabile, da sfoderare in presenza di troppi invitati a pranzo. Una confusione più che comprensibile: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza insieme.

COSA DICE LA DIRETTIVA EUROPEA
Per evitare ogni interpretazione ideologica conviene analizzare la fonte: la Direttiva Europea stessa. Battezzata Sup dall’acronimo di Single-Use Plastics, è stata adottata nel 2019 da Parlamento e Consiglio Europeo per affrontare alla radice il problema della plastica, che costituisce l’80% dei rifiuti marini e non è degradabile in natura. Spesso peraltro si tratta di oggetti monouso e con alternative durevoli: utilizzati per una manciata di minuti perché “sono comodi”, arrecano un danno ambientale incalcolabile.
L’Unione Europea ha allora censito i prodotti in plastica più spesso rinvenuti sulle spiagge europee (posate, piatti, cannucce, cotton fioc, tazze in polistirolo espanso…) e ha preso una decisione drastica, vietandone il commercio. Nella stessa Direttiva, l’Ue ha poi richiesto agli stati membri di fissare degli obiettivi di riduzione del consumo nel caso dei contenitori per bevande e alimenti, assicurando alternative riutilizzabili. Curiosamente i bicchieri di plastica non sono menzionati, una deroga già oggetto di varie critiche.

E LE PLASTICHE BIODEGRADABILI?
Piccola nota di diritto internazionale: una direttiva è un atto legislativo vincolante. L’Europa dà una linea operativa, i singoli stati la recepiscono con una legge nazionale che definisce gli strumenti specifici con cui conseguire gli obiettivi richiesti. La Direttiva 904 deve essere recepita entro il 3 luglio 2021 e fornisce una serie di definizioni molto precise per chiarire cosa debba essere considerata plastica da vietare. Secondo l’Europa comprende tutti quei polimeri che sono stati modificati chimicamente, senza fare eccezioni sulle materie di origine.
La Direttiva quindi non esclude dal suo campo di applicazione i prodotti in plastica monouso compostabili e biodegradabili. Quest’ultimo aggettivo, ottimo per il marketing e il greenwashing, non indica la capacità di un materiale di degradarsi completamente in un tempo ragionevole, che può variare notevolmente in base alle condizioni ambientali in cui il materiale si trova, come la temperatura o la presenza di acqua. Lo stesso problema si presenta con le plastiche compostabili, che devono essere smaltite correttamente in impianti appositi.

L’APPLICAZIONE ITALIANA
La Legge 53/2021 per il recepimento della Direttiva recentemente approvata ha scelto di ignorare le indicazioni comunitarie e di autorizzare la vendita di bioplastiche; spazio anche agli imballaggi in carta plastificata, esclusi invece dalle linee guida europee. Il Governo non ha risparmiato feroci critiche alla Sup, definita dal Ministro della Transizione Ecologica Cingolani «una direttiva assurda», mentre il titolare del dicastero per lo Sviluppo Economico Giorgetti ha parlato di «un approccio ideologico che penalizza le industrie italiane lasciando sul terreno morti e feriti in termini di fallimenti aziendali e disoccupazione».
Come interpretare questi toni catastrofisti? Forse alla luce di quanto affermato da Confindustria, secondo cui le linee guida sulla Direttiva chiudono di fatto un intero settore industriale. Sì, perché molte imprese nazionali si sono riconvertite alla produzione di bioplastiche, rendendo l’Italia leader europeo del settore. Il via libera alla plastica biodegradabile non è supportato da studi scientifici che ne dimostrino l’innocuità per l’ambiente, ma dalla volontà di proteggere le industrie italiane.

ITALIA VS. UE
Il discutibile recepimento della Direttiva ha portato all’apertura di un contenzioso tra Italia e Unione Europea. Quest’ultima si è impegnata a riesaminare le linee guida accogliendo le proteste del nostro paese sul fronte bioplastiche, che nel frattempo da noi potranno essere prodotte e commerciate.
Una posizione molto criticata dalle organizzazioni ambientaliste, prima tra tutte Greenpeace che parla di un “recepimento al ribasso” delle norme europee. L’obiettivo comunitario è virare verso un’economia circolare basata sul riuso e sulla riduzione di rifiuti, mentre l’incoraggiamento a usare plastiche biodegradabili va nella direzione opposta.

 

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Categorie: Ambiente

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