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2 Luglio 2021

Dischi per l’estate, parte II

Il funk scatenato dei Nu Genea e il dream pop degli Arctic Monkeys: la seconda parte dei consigli di ascolto per i prossimi mesi

Aurora Saldi

Ragazza con cuffie su lettino in spiaggia - dischi per l'estate

Alcuni album sono perfetti per l’estate

Dopo Colapesce e Childish Gambino, ecco altri suggerimenti musicali per accompagnare il ritorno dell’estate.

AFROBEAT MAKERS, VOL. 3 (THE TONY ALLEN EXPERIMENTS) (2016) – NU GENEA
A comporre i Nu Genea (prima Nu Guinea: hanno cambiato il loro nome in seguito a considerazioni antirazziste, spiegate in un loro recente post Instagram) sono i due dj Massimo Di Lena e Lucio Aquilina, partenopei ma trapiantati a Berlino. Con il loro funk contaminato da una persistente scia elettronica hanno ricreato le atmosfere calde e ipnotiche del capoluogo campano con l’album Nuova Napoli nel 2018, mentre il 9 luglio uscirà il loro nuovo singolo Marechià. Tony Allen è invece il leggendario batterista nigeriano, scomparso nel 2020, che ha suonato negli Africa ’70 con Fela Kuti, a tutti gli effetti l’inventore dell’afrobeat.
È naturale quindi che questo bizzarro progetto musicale del 2016, che prova a restituire la genialità di Allen tramite le abilità strumentali dei Nu Genea, abbia un esito qualitativamente molto alto. A partire da Prelude, effettivamente un ottimo brano di apertura per il disco, con la sua base di elettronica crescente che anticipa il flow dell’album, tra afrobeat, percussioni e funky psichedelico ed elettronico. L’esperimento con cui Di Lena e Aquilina tentano di ricreare le percussioni geniali di Tony Allen riesce ad essere, per il duo napoletano, un ottimo modo per esaltare il loro funk già molto intelligente e curato.
In alcuni pezzi, come Stasis – Calm before the storm, le percussioni si chiudono in una serie di spirali ossessive in cui le sonorità funky intervengono solo saltuariamente, ricreando l’effetto magnetico del momento di sospensione prima che scoppi il temporale. La successiva Ta storm ricorda infatti, con un suono frammentato ed esplosivo, una tempesta i cui i tuoni si dissolvono però nelle morbide e sinuose pieghe del funk.
The birds rejoice è invece una traccia calda e tropicale, contraddistinta da un sound umido e pervasivo che riesce ad essere interrotto solo dalle onnipresenti percussioni. Phunkhysteria, oltre a essere un pezzo perfetto da ballare, rivela a fondo l’identità degli autori, nel resto dell’album un po’ nascosta dal tributo a Tony Allen, qui più attenuato e meno spettacolare.
L’album si chiude con The sun returns, una ritmata cavalcata psichedelica di quasi quattro minuti, nonché forse il brano più riuscito dell’album, in cui le sonorità pseudo-alleniane e quelle dei Nu Genea si valorizzano a vicenda, in un bell’equilibrio di afrobeat, funk, elettronica e psichedelia.

TRANQUILLITY BASE HOTEL & CASINO (2018) – ARCTIC MONKEYS
Le stiracchiate note del dream pop rendono Tranquillity base Hotel & Casino, sesto album della band britannica Arctic Monkeys, un ottimo disco per crogiolarsi sotto il sole in spiaggia o in un prato. È vero che, a un ascolto più attento, i testi di Alex Turner (anche frontman della band) in quest’album sono densi di riferimenti un po’ cupi alla politica e all’attualità, ma l’atmosfera onirica e surreale che pervade il disco lo rende perfetto per isolarsi dal mondo in un torrido pomeriggio estivo.
C’è lo space rock e i ritmi un po’ ’70s di Star treatment e di American sports. Ma c’è anche la solita grandissima abilità vocale di Turner che, ad esempio in One point perspective, distorce i suoni di un pezzo dalla base incalzante portandolo su più distese tonalità glam rock.
Non manca nemmeno una dolce liaison con il passato della band (Am, il loro album di maggiore successo, è di soli cinque anni prima, eppure a livello sonoro sembra distante anni luce) grazie a Four out of five, che unisce un po’ della vecchia anima degli Arctic Monkeys a questa nuova veste raffinata e sognante.
Se la traccia che dà il titolo all’album è animata da una leggera tensione – connotata anche da atmosfere apocalittiche e surreali che ricordano un po’ alcuni lavori del cantautore folk Father John Misty – il disco è in realtà un bell’esempio di lounge impegnato, con pezzi come The ultracheese, che unisce i temi politici e sentimentali del testo a un mix sonoro allucinato, e Batphone, in cui la voce di Turner si adatta perfettamente alla patina glamour notturna e irreale.

 

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Categorie: Musica

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