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13 Dicembre 2021

Una Torino a misura di giovani: intervista all’Assessora Carlotta Salerno

Dal lavoro ai servizi abitativi, dalla vita notturna alla partecipazione politica: i temi caldi sono tanti per rendere la nostra città «attiva, reattiva e attrattiva»

Fabiana Re

Donna guarda pc seduta a scrivania con dietro bandiera europea e italiana - Carlotta Salerno

Carlotta Salerno è Assessora alle Politiche Giovanili

Chi meglio di Carlotta Salerno, neo Assessora alle Politiche Giovanili, può aiutarci a indagare i futuri possibili di Torino per i ragazzi e le ragazze che la abitano?
Quarant’anni e un’intensa carriera nella Pubblica Amministrazione, in passato ha collaborato con gli staff di diversi Assessorati, per poi diventare Presidente della Circoscrizione 6. Ora, nella Giunta comunale guidata da Lo Russo, oltre ai giovani ha in mano deleghe importanti come l’istruzione e le periferie.

A suo parere quali sono i principali problemi che devono affrontare oggi le e i giovani di Torino? Quali sono le prime azioni concrete che vuole intraprendere?
«Credo che Torino in questo momento sia una città in cui studiare è piacevole, poiché contiene abbastanza i costi e ha un’ottima offerta universitaria, ma che poi fatica a fare proposte ai giovani per far sì che qui diventino giovani adulti, poi adulti, e in seguito magari mettano su famiglia. Allora il lavoro che dobbiamo intraprendere insieme è questo accompagnamento, che consenta a chi studia a Torino di restare qui, o di andare via se è quello che desidera, ma non perché costretto a farlo, quanto per fare esperienze importanti altrove, per poi ritornare. Io credo che un periodo all’estero sia sempre meraviglioso e sarebbe utile che lo facessero tutti».

Come si può allora creare un ecosistema urbano che sia attrattivo per i giovani?
«Sicuramente bisogna intervenire in maniera significativa sul tema del lavoro, è necessario un anello che tiri la catena, come l’opportunità lavorativa e di affermazione professionale di livello, perché parliamo spesso anche di giovani che hanno fatto l’università. Ragioneremo sulle politiche attive del lavoro più adatte assieme alla collega Pentenero, che ha la delega specifica e si sta già adoperando su questo argomento. Prestiamo attenzione anche a tutti i temi correlati: abbiamo fatto un seminario sull’accesso alla casa perché anche questo, insieme a tutti i servizi che possono caratterizzare la vita di un giovane adulto, costituiscono un corollario che permette di creare un substrato accogliente. Se si parla di affitti, bisogna fare in modo di non gravare eccessivamente dal punto di vista delle garanzie o delle mensilità».

Quello dell’abitazione è infatti un problema emerso in alcuni nostri articoli. Un altro tema attuale riguarda la vita notturna nel centro cittadino. Recentemente è stata firmata un’ordinanza per il divieto di consumo di alcol da asporto in Vanchiglia, San Salvario e Piazza Vittorio: come è possibile integrare le esigenze dei residenti in queste e altre zone e il desiderio dei giovani di divertirsi in centro la sera?
«Se avessi la soluzione al tema della movida sarei l’assessora più richiesta d’Europa [ride, ndr]. Io non credo ci sia un’unica soluzione. Sicuramente stiamo cercando di adottare come Giunta un approccio integrato perché abbiamo iniziato a lavorare immediatamente con l’Assessore alla viabilità, all’igiene urbana, alla polizia municipale, al commercio e io nelle mie componenti Giovani e Rigenerazione urbana. Un approccio trasversale è quello che serve per affrontare il tema e guardarlo nel suo complesso. Di sicuro non bastano i divieti: in questo contesto l’ordinanza, più che sulla movida interviene su alcuni fenomeni collegati rispetto all’asporto, come il vetro e altre problematiche. Bisogna fare un lavoro di prospettiva, cioè individuare aree decentrate in cui possano avvenire iniziative ed eventi realmente attrattivi per i giovani rispetto alla vita notturna. È una possibile soluzione per decomprimere rispetto alle aree centrali e farlo positivamente. La proposta alternativa dev’essere davvero allettante, culturale, d’intrattenimento, musicale, a tutto tondo».

Lei si occupa anche di rigenerazione urbana: nelle periferie ci sono spazi che potrebbero essere sfruttati in questo senso, seguendo l’esempio delle Case del Quartiere?
«Le Case del Quartiere hanno un’identità sociale e aggregativa molto forte, ma meno legata all’animazione serale e notturna. Il modello di luogo che lavorando con il quartiere attira le persone e le coinvolge positivamente è sicuramente un buon punto di partenza. Ci sono poi anche i centri per il protagonismo giovanile, che vanno valorizzati e in molti casi sono fortemente decentrati, in zone che effettivamente non avrebbero problematiche dal punto di vista della vitalità notturna. Allora la soluzione più concreta è lavorare partendo da ciò che già c’è, aggiungendo altri elementi e altre location, cercando di fare sistema».

È difficile prevedere il futuro in questa situazione fluida e incerta, ma se prova a immaginare la Torino del futuro tra 5 anni per quanto riguarda servizi e opportunità per i giovani, cosa vede?
«Io credo che per lavorare bene bisogna avere almeno nella testa un orizzonte di 10, se non 15 anni. È necessario andare oltre se stessi, oltre al proprio mandato, avere il coraggio di guardare molto in là. Sicuramente quello che desidero è avere una città con l’umore alto, con la voglia di esserci e di fare. La crisi generata dalla pandemia ha creato un sottile velo di tristezza che credo copra come una coltre tanto di quello che abbiamo intorno. Quello che vorrei è che lo togliessimo tutti insieme, amministrazione e cittadini in un lavoro corale, per tornare ad avere energia e capacità di guardare al futuro senza paura. Immagino e desidero una città attiva, reattiva e attrattiva».

C’è in effetti un senso diffuso di sfiducia, anche verso il settore pubblico. Data la sua esperienza, secondo lei come può un giovane approcciarsi alla macchina amministrativa e portare le sue idee?
«Credo che gli strumenti pratici ci siano già, da quelli formali come petizioni, raccolte firme, l’operato di associazioni che interagiscono con le Circoscrizioni e con il Comune, a forme meno dirette. Il tema però è che, da un lato, l’Amministrazione dev’essere più friendly, in grado di raccogliere le istanze a volte anche in maniera informale, avere la capacità di un colloquio non necessariamente istituzionalizzato per intraprendere un percorso di dialogo e confronto. Dall’altro, i ragazzi devono superare la naturale pigrizia che li trattiene dal dire la loro. Porto un esempio emblematico: quando ero Presidente di Circoscrizione era il periodo critico di Piazza Baldissera. Uno studente di ingegneria, allora di 23 anni, scrisse a me e ai Presidenti delle Circoscrizioni che insistono sul territorio proponendoci una soluzione al problema. Io l’ho chiamato immediatamente e abbiamo iniziato un percorso insieme, un dialogo con le istituzioni che va avanti tuttora, al punto che ora lui sta collaborando con la Pubblica Amministrazione perché ha apprezzato questa esperienza. Credo quindi che con un po’ di coraggio, e dall’altra parte un po’ di elasticità, ci si possa incontrare agevolmente. Molto aiutano i corpi intermedi come l’associazionismo, in cui credo fortemente: io stessa vengo da quel mondo e credo sia una chiave di volta per entrare in meccanismi di dialogo e confronto».

 

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Categorie: Scoprire Torino

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