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9 Novembre 2016

Che cosa è successo a Schiaparelli?

Dedichiamo un focus alla missione ExoMars dell’Esa e in particolare al lander che il 19 ottobre sarebbe dovuto atterrare su Marte

Andrea Di Salvo

La foto a colori che mostra in punto in cui è caduto Schiaparelli

La foto a colori che mostra in punto in cui è caduto Schiaparelli

Come accennato nella nostra ultima rubrica scientifica, vogliamo approfondire ciò che è successo al dimostratore Schiaparelli della missione ExoMars dell’Agenzia Spaziale Europea.
Avevamo seguito la sua storia fin da marzo, quando il lander era partito alla volta di Marte ancorato all’orbiter Tgo (Trace Gas Orbiter). Dopo circa sette mesi di viaggio, sono iniziate le manovre di sgancio tra i due, che hanno fatto scendere la sonda nella debole atmosfera marziana. Sappiamo che il paracadute in dotazione si è aperto e anche che lo scudo termico ha fatto il proprio dovere proteggendo la sonda dal calore prodotto per attrito durante la discesa. Ciò che non ha funzionato correttamente, a giudicare dalle prime analisi eseguite con i dati a disposizione, sono stati i retrorazzi, elemento naturalmente essenziale per diminuire la velocità di caduta e permettere un atterraggio senza danni. A quanto pare, il computer di bordo li ha spenti dopo appena 3 secondi dalla loro accensione, un tempo decisamente troppo breve per avere permesso alla sonda di passare dai 21.000 km/h della sua entrata in atmosfera ai 10 km/h previsti per il suo touchdown.

IL SITO DELLO SCHIANTO
Circa una settimana fa, la Nasa ha rilasciato un’altra foto in alta definizione che mostra il punto dove il lander si è schiantato.
I colori dell’immagine hanno permesso di definire ulteriori dettagli: si possono notare dei punti bianchi che negli scatti precedenti in bianco e nero non erano stati messi in risalto perché indistinguibili dal rumore di fondo dell’immagine. Ora questi punti bianchi si interpretano come pezzi del dimostratore che si sono sparsi intorno al piccolo cratere centrale formatosi durante lo schianto. A sinistra di quest’ultimo, si apprezza anche una regione più luminosa che potrebbe essere del materiale superficiale sollevato a causa dell’impatto o dell’esplosione del modulo contenente il carburante.
A circa 0.9 km a sud inoltre si sono osservati il paracadute e lo scudo termico al quale è attaccato. In particolare il primo, a causa del vento marziano, ha cambiato la propria sagoma in scatti successivi.

UN COMPLETO FALLIMENTO?
La risposta è no. Innanzitutto, come ha dichiarato il Direttore Generale dell’Esa Jan Wörner, per quanto riguarda Schiaparelli si trattava di un test per saggiare le tecnologie d’atterraggio europee. L’idea che nella scienza le cose vadano giuste al primo colpo deriva da un’indigestione di film hollywoodiani. Bisogna infatti tenere conto che su 18 missioni marziane in cui era previsto l’atterraggio di una sonda sulla superficie, solo 8 hanno avuto successo. In questa prospettiva, i dati raccolti da Schiaparelli sono ancora più preziosi perché permetteranno una pianificazione più accurata delle future missioni del programma spaziale europeo.
Non bisogna poi dimenticare che il dimostratore era solo una parte della missione: il Tgo infatti si è inserito correttamente nell’orbita prevista e rimarrà attivo almeno fino al 2022. In questo periodo monitorerà l’atmosfera con la strumentazione scientifica di bordo per indagare più approfonditamente la sorgente del metano marziano. Essendo quest’ultimo distrutto dall’interazione con la luce ultravioletta, si stima che debba avere una vita media di circa 400 anni. Le osservazioni hanno però riportato variazioni stagionali e spaziali nella sua concentrazione atmosferica. Dal momento che non è ancora chiaro se ciò sia guidato da processi geologici, biologici o se sia l’emissione da riserve nel sottosuolo di metano prodotto nel passato, l’indagine scientifica è aperta e l’Esa è in prima fila.

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Categorie: Tecnologie

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