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11 Giugno 2021

Un libro per… accettare i propri limiti: L’arte di correre

Consapevolezza e determinazione sono la ricetta per il successo secondo Murakami, che da sempre affianca al lavoro di scrittore la passione per la maratona

Valeria Guardo

Gambe maschili che corrono su strada - L'arte di correre

In L’arte di correre Murakami parla dell’accettare i propri limiti

Dopo Martin Eden e il Piccolo atlante dell’acqua, il terzo e ultimo appuntamento di Un libro per… è dedicato a L’arte di correre di Haruki Murakami, tradotto dal giapponese per Einaudi nel 2009.
Lo abbiamo scelto perché, pur essendo un volumetto di meno di 150 pagine, porta in sé un messaggio che è valido per tutti e in ogni epoca: è importante saper accettare i propri limiti e, perché no, sfruttarli a proprio vantaggio.

È lo stesso autore a darci il suo personale esempio di mediocrità, raccontandocelo con la pacatezza tipica della filosofia nipponica. Chi avrebbe mai detto, infatti, che uno scrittore di fama internazionale come Murakami – conosciuto anche per le innumerevoli partecipazioni a maratone in ogni parte del mondo – non solo non abbia mai avuto un briciolo di spirito competitivo, ma addirittura non si faccia alcun tipo di problema nel parlare di sé come di una persona perfettamente nella media?

In questo libro l’autore racconta le sue esperienze podistiche dal 1982 al 2006, affrontando il tema della preparazione atletica sotto una lente introspettiva. Descrive, infatti, le sensazioni fisiche che comporta ogni fase dell’allenamento, le esigenze e i problemi tecnici della macchina-corpo.
La corsa diventa così meditazione: armato di lettore MiniDisc che riproduce tra gli altri a ruota i Lovin’ Spoonful e Red Hot Chili Peppers, Murakami crea un distacco tra la mente e le proprie gambe. L’una è un perfetto centro direzionale, sempre lucido e attento alla più piccola defaillance, le altre una macchina sempre ben revisionata, e quindi efficiente.

Un tipo particolare, Murakami. Nato nel 1949 da genitori insegnanti, mostra fin da subito un grande interesse per i libri e il cinema. Tuttavia la sua carriera universitaria non inizia esattamente con il botto: fallisce il primo tentativo di entrare all’ateneo statale e poi, una volta ammesso, una bravata in stato di ebbrezza gli costa il diritto di alloggio in dormitorio e così, allontanatosi dal campus, partecipa sempre meno alle lezioni.
Prima di diventare l’autore di best seller che conosciamo è proprietario di un bar che ha il nome del suo gatto, il Peter Cat, che di giorno serve caffè e pasti ai lavoratori e di notte si trasforma in jazz club. Questa esperienza, per sua stessa ammissione, sarà fondamentale nella sua carriera di scrittore perché è qui, nel suo piccolo locale asfittico, senza finestre ma con ottima musica e letture collettive, che impara ad ascoltare le persone.

Accanto alla vita da autore, fatta di ore e ore alla scrivania dando forma a personaggi e intessendo le trame delle loro vite, Haruki porta quindi avanti quella di maratoneta.
Corsa e scrittura non costituiscono però due attività a sé stanti, ma si influenzano e completano a vicenda. Psicologicamente parlando, per lo scrittore l’attività podistica e quella letteraria sono entrambe un allenamento: ambedue esigono il mantenimento di un ritmo costante, forza d’animo e lucidità per superare ogni inevitabile caduta (fisica o meno) e abilità per fissare un nuovo traguardo ogni giorno, sia che si parli di capitoli che di chilometri.
Il segreto, secondo Murakami, consiste nel mantenere costante la propria motivazione interiore, la sola che può dare quella spinta necessaria non tanto a vincere, quanto a trarre soddisfazione per il lavoro fatto.

Il suo pensiero si può riassumere in questo passo: “Allenandomi giorno dopo giorno, partecipando a una gara dopo l’altra, miglioro gradualmente i miei record, e in questo processo evolvo anch’io. (…) Come corridore non valgo granché, questo è certo. Sono assolutamente nella media, o forse dovrei dire al di sotto. La mediocrità non costituisce però per me un vero problema. L’essenziale è superare anche di poco il livello raggiunto in precedenza. Se un corridore deve per forza individuare un avversario da battere, lo cerchi nel se stesso del giorno prima”.

 

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Categorie: Cultura

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